Quindicenne scopre città Maya,
la Nasa lo premia
William Gadoury,
studente canadese, ha intuito che doveva esserci un insediamento nello Yucatan
incrociando le conoscenze astronomiche della civiltà precolombiana con le
immagini di Google Earth. Le foto da satellite dell'Agenzia spaziale americana
lo hanno confermato
A
quindici anni William Gadoury è già una stella della Nasa. Due passioni
che si incrociano, civiltà precolombiane e astronomia, un'ipotesi, qualche
calcolo. Il risultato è una scoperta straordinaria: in una zona impervia della
penisola dello Yucatan sorge una delle città più grandi costruite dai Maya,
rimasta finora nell'ombra. Si chiama "K'AAK'CHI", "Bouche de
feu", ovvero "bocca di fuoco": il nome gliel'ha dato il suo
giovanissimo scopritore, un adolescente del Québec che, basandosi unicamente
sullo studio delle stelle e sul suo intuito, senza recarsi sul campo, nel 2014
ha ipotizzato la presenza delle vestigia in quei luoghi.
Ora i rilievi
satellitari dell'Agenzia Spaziale Canadese gli hanno dato ragione: una piramide
e una trentina di costruzioni dell'epoca dei Maya si levano nel bel mezzo della
giungla messicana. Per William è un sogno che si avvera, per l'Agenzia Spaziale
una medaglia al merito al piccolo astronomo e la promessa di una pubblicazione
della scoperta su una rivista scientifica.
Tutto
ha inizio nel 2012: mentre gli altri fanno il conto alla rovescia in attesa che
si compia la profezia della fine del mondo, William, che allora ha 11 anni, si
appassiona alla cosmologia e alla cultura Maya. "Non riuscivo a capire
perché questa civiltà avesse scelto di costruire i propri centri abitati
lontano dai fiumi, su terreni poco fertili e tra le montagne - racconta oggi il
ragazzo - Pensai che doveva esserci un'altra ragione. Del resto i Maya
veneravano le stelle".
Da qui prende le mosse la ricerca del giovane
canadese. Prende in esame ventidue costellazioni con cui i Maya dividevano il
cielo, le riporta su carta e nota una relazione tra la disposizione delle stelle
nel firmamento e i luoghi in cui sorgono 117 città. Elabora allora una teoria:
piramidi, palazzi e costruzioni si sviluppano seguendo lo schema delle
costellazioni. Gli insediamenti riproducono in terra le forme disegnate dalle
stelle, di modo che agli astri più luminosi corrispondono le città maggiori.
Ma
c'è di più. Secondo il suo schema, alle tre stelle della 23esima costellazione
avrebbero dovuto fare da controcanto altrettante città, ma fino a quel momento
ne erano state rinvenute solo due. Allora si fa strada l'ipotesi che potrebbe
essercene una terza città che ancora non ha visto la luce. È a quel punto che
il ragazzo si rivolge all'Agenzia Spaziale
Canadese per provare la fondatezza delle sue teorie.
Con l'aiuto di immagini satellitari fornite dalla Nasa e dall'Agenzia
giapponese, viene passata al setaccio la zona che, secondo i suoi calcoli,
avrebbe dovuto ospitare dei reperti archeologici. Fino a quando, lo scorso
gennaio, arriva la bella notizia: la città ipotizzata esiste davvero, e si
trova proprio nel punto che aveva indicato William.
La sorpresa, in realtà, è
doppia: non solo il 15enne è il solo a essersi reso conto che una città Maya
mancava all'appello, ma è stato anche il primo a stabilire e provare una
connessione tra le costellazioni Maya e la scelta del luogo di nascita delle
città. Il tutto, incrociando informazioni tratte da wikipedia e Google Earth.
Una grande soddisfazione, che corona tre anni di lavoro "eccezionale",
lo hanno definito gli esperti. Le spedizioni sul campo non sono ancora in
programma, ma per William resta il desiderio più grande: "Andare con gli
archeologi nella città perduta, darebbe un senso alla mia ricerca". Credit
Repubblica
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