mercoledì 11 maggio 2016

Quindicenne scopre città Maya, la Nasa lo premia

Quindicenne scopre città Maya, la Nasa lo premia

William Gadoury, studente canadese, ha intuito che doveva esserci un insediamento nello Yucatan incrociando le conoscenze astronomiche della civiltà precolombiana con le immagini di Google Earth. Le foto da satellite dell'Agenzia spaziale americana lo hanno confermato




A quindici anni William Gadoury è già una stella della Nasa. Due passioni che si incrociano, civiltà precolombiane e astronomia, un'ipotesi, qualche calcolo. Il risultato è una scoperta straordinaria: in una zona impervia della penisola dello Yucatan sorge una delle città più grandi costruite dai Maya, rimasta finora nell'ombra. Si chiama "K'AAK'CHI", "Bouche de feu", ovvero "bocca di fuoco": il nome gliel'ha dato il suo giovanissimo scopritore, un adolescente del Québec che, basandosi unicamente sullo studio delle stelle e sul suo intuito, senza recarsi sul campo, nel 2014 ha ipotizzato la presenza delle vestigia in quei luoghi. 





Ora i rilievi satellitari dell'Agenzia Spaziale Canadese gli hanno dato ragione: una piramide e una trentina di costruzioni dell'epoca dei Maya si levano nel bel mezzo della giungla messicana. Per William è un sogno che si avvera, per l'Agenzia Spaziale una medaglia al merito al piccolo astronomo e la promessa di una pubblicazione della scoperta su una rivista scientifica.
Tutto ha inizio nel 2012: mentre gli altri fanno il conto alla rovescia in attesa che si compia la profezia della fine del mondo, William, che allora ha 11 anni, si appassiona alla cosmologia e alla cultura Maya. "Non riuscivo a capire perché questa civiltà avesse scelto di costruire i propri centri abitati lontano dai fiumi, su terreni poco fertili e tra le montagne - racconta oggi il ragazzo - Pensai che doveva esserci un'altra ragione. Del resto i Maya veneravano le stelle". 





Da qui prende le mosse la ricerca del giovane canadese. Prende in esame ventidue costellazioni con cui i Maya dividevano il cielo, le riporta su carta e nota una relazione tra la disposizione delle stelle nel firmamento e i luoghi in cui sorgono 117 città. Elabora allora una teoria: piramidi, palazzi e costruzioni si sviluppano seguendo lo schema delle costellazioni. Gli insediamenti riproducono in terra le forme disegnate dalle stelle, di modo che agli astri più luminosi corrispondono le città maggiori.  






Ma c'è di più. Secondo il suo schema, alle tre stelle della 23esima costellazione avrebbero dovuto fare da controcanto altrettante città, ma fino a quel momento ne erano state rinvenute solo due. Allora si fa strada l'ipotesi che potrebbe essercene una terza città che ancora non ha visto la luce. È a quel punto che il ragazzo si rivolge all'Agenzia Spaziale Canadese per provare la fondatezza delle sue teorie. Con l'aiuto di immagini satellitari fornite dalla Nasa e dall'Agenzia giapponese, viene passata al setaccio la zona che, secondo i suoi calcoli, avrebbe dovuto ospitare dei reperti archeologici. Fino a quando, lo scorso gennaio, arriva la bella notizia: la città ipotizzata esiste davvero, e si trova proprio nel punto che aveva indicato William. 





La sorpresa, in realtà, è doppia: non solo il 15enne è il solo a essersi reso conto che una città Maya mancava all'appello, ma è stato anche il primo a stabilire e provare una connessione tra le costellazioni Maya e la scelta del luogo di nascita delle città. Il tutto, incrociando informazioni tratte da wikipedia e Google Earth. 




Una grande soddisfazione, che corona tre anni di lavoro "eccezionale", lo hanno definito gli esperti. Le spedizioni sul campo non sono ancora in programma, ma per William resta il desiderio più grande: "Andare con gli archeologi nella città perduta, darebbe un senso alla mia ricerca". Credit Repubblica
















giovedì 5 maggio 2016

SCUOLE E METODI CHE STANNO INNOVANDO IL PANORAMA DELLA SCUOLA ITALIANA!



SCUOLE E METODI CHE STANNO INNOVANDO IL PANORAMA DELLA SCUOLA ITALIANA!



È stata avviata, in collaborazione con la Onlus Staanoi e Wind Telecomunicazioni SpA, la mappatura dell’innovazione scolastica Italiana! Ecco i metodi e le scuole più innovative d’Italia!

Seguendo la metodologia della Snowball analysis già utilizzata con successo nel 2015 per la mappa sull’innovazione sociale, si è partiti con l’intervistare 40 esperti del settore educativo (dirigenti scolastici, docenti, educatori, ricercatori, operatori sociali) chiedendo loro di segnalare quali scuole in Italia si stessero distinguendo per percorsi educativi innovativi che includessero empatia, creatività, leadership, gioco di squadra, nuove metodologie didattiche e uso del digitale. Ogni scuola segnalata è stata a sua volta contattata ed è stata posta ad un referente la stessa domanda, questo processo si è svolto per 3 volte sino alla conclusione di 180 interviste.






Tra le oltre 300 scuole citate, ne emergono però 28 che hanno ricevuto più di 3 segnalazioni, sia private e paritarie, sia pubbliche. Il modo utilizzato per mostrare la connessione tra esse è stato quello di visualizzare i metodi innovativi condivisi.


I numeri dell’innovazione

Dalla mappatura la scuola privata riesce ad avere un numero importante di scuole eccellenti ma è la scuola pubblica che stimola l’innovazione rappresentando il 95% del totale delle scuole mappate. La percentuale fra pubblica e privata varia se si analizzano le 28 scuole più segnalate dove la presenza della privata sale al 18%. Tra le 300 scuole nominate 124 sono superiori, solo il 39% è costituito da licei, mentre le scuole tecniche o professionali rappresentano il 61%. I licei classici rappresentano il 6% delle scuole superiori di secondo grado nominate e dunque meno del 2% complessivo. Il fattore temporale sembra essere direttamente proporzionale all’incisività ed all’efficacia delle metodologie sperimentali, troviamo eccellenze nel ciclo della primaria (gli istituti comprensivi sono il 54% del totale delle scuole) e nella secondaria di secondo grado (38% del totale), poche eccezioni tra le scuole dell’infanzia.





Mentre sul totale delle scuole osservate il Lazio ne conta più di 60 e la Lombardia è solo al terzo posto con circa 40 scuole, spostandosi sulle 28 scuole più segnalate ben 8 sono lombarde tra cui IC Ciresola di Milano, IIS Pacioli di Crema, IC San Giorgio di San Giorgio di Mantova e Liceo Lussana di Bergamo hanno avuto oltre 4 segnalazioni; segue il Lazio con 4 scuole tra cui Asilo nel Bosco di Ostia Roma, IIS Pacinotti-Archimede di Roma e Istituto Salesiano Pio XI di Roma hanno avuto più di 4 segnalazioni.

Marche e Toscana hanno 3 scuole nella top 28 con Scuola Città Pestalozzi di Firenze con più di 4 segnalazioni, Emilia Romagna, Friuli, Piemonte, Umbria e Puglia con 2 scuole. La Puglia ha però il primato di avere la scuola IISS Majorana di Brindisi con il maggior numero di segnalazioni.


I metodi

La maggior parte di queste scuole ha sviluppato metodi innovativi in autonomia, emergono però alcune realtà che mirano a mettere in rete le scuole che seguono nuove metodologie:



la Fondazione Mondo Digitale e il progetto Avanguardie Educative Indire sono le realtà più attive, la rete del progetto Scuola Senza Zaino vede una forte adesione degli Istituti Comprensivi così come fa un grande lavoro di innovazione la Fondazione Amiotti con l’associazione Rinascimente.

Molti dei nuovi metodi utilizzati sono di provenienza straniera (Regno Unito, Stati Uniti, Finlandia). Nella classifica sono presenti anche metodi italiani innovativi del secolo scorso, come Montessori e Reggio Emilia, più diffusi all’estero che nel nostro paese, dove spesso sono ancora percepiti come metodi di nicchia e non come approcci col potenziale di trasformare il processo di apprendimento dal nozionismo alla crescita attraverso empatia, creatività e lavoro di gruppo.






I metodi mappati sono in tutto 28 e 8 di essi utilizzano a vario titolo la tecnologia. Gli altri si riferiscono ad un diverso utilizzo del tempo e dello spazio scolastico ma anche ad un approccio didattico che mette al centro l’individuo come protagonista principale del percorso di apprendimento. L’innovazione parte dai banchi di scuola: robotica educativa, tecnologia digitale, didattica interattiva, classi che si trasformano in laboratori, FabLab e stampanti 3D, libri di testo autoprodotti, bilinguismo a partire dalla scuola primaria, progetti che stimolano la curiosità, la voglia di conoscere, valorizzano il gioco, il contatto con la natura, le emozioni e i rapporti interpersonali, sono solo alcuni degli elementi che oggi caratterizzano l’ apprendimento delle nuove generazioni e che li aiuteranno ad essere i changemakers di domani.


Presentazione della ricerca

Ashoka Italia presenterà la ricerca il 16 maggio a Bologna durante l’evento Learning city, per rimanere aggiornati sui dettagli è bene seguire le pagine social Facebook e Twitter.





Il fine ultimo di tale mappatura è quello di far partire il programma Scuole Changemaker, attraverso il quale identificare, connettere e sostenere le scuole, di ogni ordine e grado, che portano avanti idee e metodologie didattiche innovative.  Ashoka Italia aprirà la fase di selezione per poi sostenere una o più scuole affinchè il loro progetto di innovazione scolastica possa essere rafforzato, possa crescere come impatto e possa essere replicato. Le scuole saranno parte di una comunità globale, avranno la possibilità di condividere il sapere, le metodologie, le esperienze durante i meeting internazionali; connettersi con i Fellow attivi nel capo educativo, far parte di una sempre più ampia rete di innovatori sociali, diventare leader e ispiratori per altre scuole. Credit Ashoka Italia

I VULCANI DI MARTE

Visti gli antichi vulcani di Marte, diranno se c'è stata vita

Immagini ottenute da satellite Mro della Nasa

Per la prima volta sono stati visti gli antichissimi vulcani di Marte, preziosi per capire se in passato il pianeta ha avuto un ambiente in grado di ospitare forme di vita. Le immagini sono state ottenute dal satellite Mro (Mars Reconnaissance Orbiter) della Nasa, nell'orbita marziana dal 2006.

I vulcani si trovano nella regione montuosa chiamata Sisyphi Montes, nell'emisfero meridionale del pianeta, a circa 1.600 chilometri dal Polo Sud. Dimostrano che in passato la regione era ricoperta di ghiaccio perché nell'area sono stati individuati gli stessi minerali, come zeoliti, solfati e argille, che sulla Terra si sono formati nelle zone polari per effetto dell'attività vulcanica.
Secondo i ricercatori i dati potranno aiutare a capire se in passato su Marte c'è stata una combinazione di calore e umidità tale da creare condizioni favorevoli alla comparsa della vita.

''Le rocce raccontano storie. Il loro studio può mostrare come si è formato un vulcano o come è cambiato nel corso del tempo'', ha detto il coordinatore della ricerca, Sheridan Ackiss, della Purdue University. ''Ho cercato di capire – ha aggiunto - quale storia ci potevano raccontare le rocce di questi vulcani''.

Secondo i ricercatori la scoperta sarebbe stata impossibile senza l'alta risoluzione (18 metri per pixel) dello spettrometro Crism (Compact Reconnaissance Imaging Spectrometer) a bordo del veicolo. Le immagini ad altissima risoluzione hanno infatti permesso di individuare i minerali lasciati dalle antiche eruzioni.

I dati hanno inoltre confermato che le strutture a forma di cupola che costellano la regione sono antichi vulcani simili a quelli che sulla Terra sono sepolti sotto i ghiacci e che, durante le eruzioni, generano una colonna di vapore capace di perforare il ghiaccio e sollevare colonne di ceneri e gas nell'atmosfera, come è accaduto nel 2010 in Islanda, con l'eruzione del vulcano Eyjafjallajökull. Credit ANSA

martedì 3 maggio 2016

I MAMMIFERI ESISTONO DA 250 MILIONI DI ANNI!

I MAMMIFERI ESISTONO DA 250 MILIONI DI ANNI!

Le ultime scoperte ne certificano l'esistenza!

L'evoluzione dei mammiferi ha avuto una rapidissima accelerazione molto prima della scomparsa dei dinosauri: a metà del Giurassico, infatti, vi fu un'incredibile fioritura di variazioni nell'assetto del corpo e nella struttura e forma dei denti, molto più elevata di quelle avvenute prima o dopo. Alcune di quelle modificazioni sono poi rimaste stabili per centinaia di milioni di anni.

Il tasso di evoluzione più elevato mai raggiunto dai mammiferi si è verificato in pieno periodo Giurassico (fra i 200 e i 145 milioni di anni fa), quando ancora vivevano fianco a fianco dei dinosauri. Finora si riteneva che i principali processi evolutivi fossero invece avvenuti alla fine del periodo successivo, il Cretaceo: quando, 65 milioni di anni fa, ormai liberi dalla concorrenza dei dinosauri, vi fu una vera e propria esplosione di adattamenti dei mammiferi a nuove nicchie ecologiche.

A scoprirlo è stato uno studio condotto da ricercatori dell'Università di Oxford che hanno effettuato la prima analisi su larga scala delle alterazioni scheletriche e dentali nei mammiferi nel Mesozoico (da 250 a 65 milioni di anni fa), pubblicando i risultati su “Current Biology”.

A stimolare la ricerca di Roger A. Close e colleghi sono state le scoperte paleontologiche avvenute soprattutto in Cina e in Sud America negli ultimi anni, che contraddicono l'ipotesi corrente secondo cui i primi mammiferi sarebbero stati esclusivamente dei piccoli insettivori notturni.

I ricercatori hanno registrato il numero di modificazioni significative dell'assetto dei piani del corpo e dei denti che si sono succedute dalla comparsa dei primi mammaliaformi, oltre 200 milioni di anni fa, fino a 65 milioni di anni fa. Hanno così scoperto che verso la metà del Giurassico la frequenza dei cambiamenti è aumentata  fino a un massimo di otto cambiamenti per milione di anni per lignaggio, un valore quasi dieci volte superiore a quello registrato alla fine del periodo. Questo tasso è stato ancora superiore per il lignaggio che ha portato agli attuali mammiferi placentati e ai marsupiali, che si sono evoluti addirittura 13 volte più velocemente della media registrata a metà del Giurassico.

L'incredibile evoluzione dei mammiferi nel Giurassico

Non sappiamo che cosa abbia innescato questa esplosione evolutiva. Potrebbe essere dovuta al cambiamento ambientale, o forse al fatto che i mammiferi avevano raggiunto una massa critica di innovazioni chiave, come i piccoli nati vivi, il sangue caldo, e la pelliccia, che hanno permesso loro di prosperare in habitat diversi e subire una diversificazione ecologica” ha detto Close. “Una volta che sì è evoluta una forte diversità ecologica, il ritmo dell'innovazione è rallentato.”

Così, i multituberculati – che oggi sono estinti ma che prosperarono molto a lungo - hanno subito una serie di cambiamenti radicali relativamente alla struttura dello scheletro e dei denti proprio alla metà del Giurassico, assumendo entro la fine di quel periodo la loro tipica forma da “roditori” e denti molto caratteristici, che sono poi rimasti invariati per oltre cento milioni di anni nonostante la successiva diversificazione in centinaia di specie diverse. Credit Le Scienze

lunedì 2 maggio 2016

IL FARISEO E IL PUBBLICANO

IL FARISEO E IL PUBBLICANO
Lc 18:9

Due uomini salirono al tempio per pregare; uno era fariseo, e l'altro pubblicano. 

11 Il fariseo, stando in piedi, pregava così dentro di sé: "O Dio, ti ringrazio che io non sono come gli altri uomini, ladri, ingiusti, adùlteri; neppure come questo pubblicano. 

12 Io digiuno due volte la settimana; pago la decima su tutto quello che possiedo". 

13 Ma il pubblicano se ne stava a distanza e non osava neppure alzare gli occhi al cielo; ma si batteva il petto, dicendo: "O Dio, abbi pietà di me, peccatore!" 

14 Io vi dico che questo tornò a casa sua giustificato, piuttosto che quello; perché chiunque s'innalza sarà abbassato; ma chi si abbassa sarà innalzato».

I PILASTRI DELLA CREAZIONE

I PILASTRI DELLA CREAZIONE!

Si trovano nella nebulosa dell'Aquila situata a  7.000 anni luce da noi, verso la costellazione del Serpens (il Serpente).

Nella nebulosa è nata una stella, anzi migliaia. È una splendida nursery stellare, una regione di gas e polveri, dove si stanno formando al momento giovani stelle e dov’è appena nato un ammasso di calde stelle massicce, l’NGC 6611.

La luce potente e i venti forti provenienti da questi nuovi massicci  hanno formato i tre pilastri, che vale la pena ricordare sono lunghi anni luce: quello più a sinistra - per darvi un'idea - è lungo 4 anni luce, mentre la protuberanza finale è più grande del nostro sistema solare.

La nebulosa, di per sé, ha una forma che ricorda vagamente un’aquila, i cui pilastri centrali sarebbero “gli artigli”.

Secondo le ipotesi più accreditate anche il nostro Sole si sviluppò, più di 5 miliardi di anni fa in condizioni simili a quelle che si verificano ora nella Nebulosa Aquila. Il nostro sistema solare, durante la sua formazione, sarebbe stato investito dal materiale di una supernova vicina.


La nebulosa dell'Aquila ripresa completamente dall’ESO. Si notano la forma simile al grande rapace e - al centro - i filamenti che formano i “pilastri della creazione” (che alcuni associano agli artigli del rapace). Sopra i pilastri della creazione l’ammasso aperto NGC 6611 risplende brillantissimo e le sue stelle appena nate scolpiscono e distruggono le stalagmiti gassose. | ESO Credit Focus