AMERIGO VESPUCCI E LA SCOPERTA DELL'AMERICA!
Amerigo durante il suo secondo viaggio si rende conto, anche con le conoscenze del tempo, che tra l'Europa e l'Asia c'era qualcosa di molto grosso!
Osservava attentamente il cielo, e la notte del 23 agosto del 1499, durante il suo secondo viaggio scrisse:
« In quanto alla longitudine dico che per conoscerla incontrai moltissima difficoltà che ebbi grandissimo studio in incontrare con sicurezza il cammino che intraprendemmo. Tanto vi studiai che alla fine non incontrai miglior cosa che vedere e osservare di notte la opposizione di un pianeta con un altro, e il movimento della luna con gli altri pianeti, perché la Luna è il più rapido tra i pianeti come anche fu comprovato dall'almanacco di Giovanni da Monteregio, che fu composto secondo il meridiano della città di Ferrata concordandolo con i calcoli del Re Alfonso: e dopo molte notti passate ad osservare, una notte tra le altre, quella del 23 agosto 1499, nella quale vi fu una congiunzione tra la Luna e Marte, la quale congiunzione secondo l'almanacco doveva prodursi a mezzanotte o mezz'ora prima, trovai che all'uscire la Luna dal nostro orizzonte, che fu un'ora e mezza dopo il tramonto del Sole, il pianeta era passato per la parte di oriente, dico, ovvero che la luna si trovava più a oriente di Marte, circa un grado e qualche minuto, e alla mezzanotte si trovava più all'oriente quindici gradi e mezzo, dimodoché fatta la proporzione, se le ventiquattrore mi valgono 360 gradi, che mi valgono 5 ore e mezza? Trovai che mi valevano 82 gradi e mezzo, e tanto distante mi trovavo dal meridiano della cibdade de Cadice, dimodoché assignando cada grado 16 e 2/3 leghe, mi trovavo 1374 leghe e 2/3 più ad occidente della cibdade de Cadice. »
« La ragione per la quale assegno ad ogni grado 16 leghe e 2/3 è perché secondo Tolomeo e Alfagrano, la Terra ha una circonferenza di 6.000 leghe, che ripetendosi in 360 gradi, corrisponde ad ogni grado a 16 leghe e 2/3 e questa proporzione la provai varie volte con il punto nave di altri piloti cosicché la incontrai vera e buona. »
In seguito a questi ragionamenti vari astronomi e cosmografi dell'epoca e delle epoche successive riconobbero che Vespucci aveva inventato come verificare una longitudine con il metodo della distanza lunare. Ad esempio nel 1950, l'astronomo del Vaticano, il professor Stein, disse: «Mi meraviglia che fino ad oggi nessuno abbia verificato le osservazioni fatte da Vespucci nella notte del 23 agosto 1499, dove calcolava la posizione relativa di Marte e della Luna in quell'epoca».
Da tutto ciò si evince che Vespucci sapeva benissimo dove si trovasse, ed era in grado più di ogni altro di fare il punto nave con precisione quasi assoluta.
E ad agosto li nella Patagonia è pieno inverno vicino al polo sud
Citazione|Navigammo fino ad incontrare che il Polo meridionale si elevava cinquantadue gradi sopra l'orizzonte, in termini che già non potevamo vedere la Orsa maggiore né la minore. Il 3 di aprile ci fu una tormenta così forte che ci fece ammainare le vele, il vento era di levante con onde grandissime e aria tempestosa. Così forte era la tempesta che tutta la ciurma stava in gran temore. Le notti erano molto lunghe, quella del 7 di aprile fu di quindici ore, perché il sole stava alla fine di Ariete e in questa regione era inverno. Nel bel mezzo della tempesta avvistammo il 7 di aprile una nuova terra, che percorremmo per circa venti leghe, incontrando delle coste selvagge, e non vedemmo in essa nessun porto, ne gente, credo perché il freddo era così intenso che nessuno della flotta poteva sopportarlo. Vedendoci in tale pericolo e tale tempesta, che appena si poteva vedere una nave dall'altra, tanto erano alte le onde, accordammo fare segnali per riunire la flotta e lasciare queste terre per rientrare verso il Portogallo.
martedì 11 ottobre 2016
AMERIGO VESPUCCI E LA SCOPERTA DELL'AMERICA!
martedì 4 ottobre 2016
I CONSENSI DI RENZI!
I CONSENSI DI RENZI!
Dopo il flop della 107, dei trasferimenti mal gestiti, il concorsone abborracciato e l'avvio caotico dell'anno scolastico arriva il colpo di teatro degli organici!
Sempre più alla ricerca di consensi per il referendum, il governo spara le ultime cartucce! Rastrellare 25 mila cattedre da elargire contro il no a muro duro del MEF!
Le norme, con tanto di relazione illustrativa e relazione tecnica, sono all'esame di Palazzo Chigi. Una lista di priorità sui cui investire nella legge di stabilità sul fronte scuola. Una lista che però non ha avuto l'avallo del ministero dell'economia, Ragioneria generale dello stato.
Che su alcuni interventi la pensa in modo opposto. Tanto da aver presentato una sua controrelazione. Uno dei punti più caldi del confronto-scontro tra Economia e Istruzione è l'operazione di trasformazione dell'organico di fatto in organico di diritto: si tratta di dare stabilità a circa 25 mila cattedre, di cui 6-7 mila per il sostegno, che si costituiscono a ogni settembre per poi sparire a fine anno scolastico.
Cattedre che possono andare, fin quando sono in organico di fatto, solo a supplenze su cui sono vietate non solo le assunzioni ma anche i trasferimenti. Le supplenze in questione sono tra l'altro fino al termine di lezioni, di lunga durata e dunque incorrono in quel divieto stabilito dalla Corte di giustizia europea che ha dichiarato incostituzionale la copertura attraverso lavoro instabile di posti stabili. Abuso dei contratti di lavoro a tempo determinato.
Una lancia in più all'arco del ministro dell'istruzione, Stefania Giannini, che ha presentato alla presidenza del consiglio l'ipotesi di trasformare tutte le cattedre di fatto in diritto. Operazione che secondo le stime di viale Trastevere costa circa 200 milioni di euro, l'equivalente delle retribuzioni per i mesi di luglio e agosto che oggi non vengono pagate ai supplenti. Per l'Economia invece il costo è ben diverso, perché si tratterebbe di portare a bilancio una spesa fissa che ad oggi non lo è. Una spesa fissa e che ogni anno cresce, grazie alle ricostruzioni di carriera e agli scatti: tra i 700 e gli 800 milioni. Le posizioni insomma sono distanti e potranno trovare sintesi solo a Palazzo Chigi.
Diverse anche le ipotesi sull'utilizzo dei nuovi posti di diritto che si verrebbero a creare con l'ampliamento dell'organico. In questo caso però le fomulazioni sono tutte di viale Trastevere.
Una delle ipotesi prevede che le cattedre siano destinate per metà a mobilità e per metà a nuove assunzioni. Un'altra invece punta a creare una riserva per i trasferimenti dei nuovi assunti, così da dare risposta a quanti con le operazioni di mobilità straordinaria di quest'anno, complice anche gli errori dell'algoritmo, non hanno avuto la sede di diritto in prima assegnazione e neppure con le conciliazioni. Se dovesse andare in porto questa seconda fattispecie, si darebbe il via a un contro esodo per circa 5 mila docenti, dal Nord al Sud.
Di peso anche il finanziamento della delega per la riforma dell'istruzione 0-6 anni. È il decreto, previsto dalla legge 107/2015, che estende sul territorio l'offerta degli asili nido dall'attuale 17% al 33%. Un processo graduale, che per partire dovrebbe contare su una copertura iniziale di 150 milioni di euro. A cambiare subito è l'intero meccanismo di finanziamento, per evitare, come accaduto anche nel recente passato, che i fondi messi a bilancio dallo stato non arrivino ai comuni.
Si istituisce infatti un fondo nazionale che fa da collettore di tutti i rivoli di finanziamento, anche europei, che fanno capo a questa voce. In base alla programmazione di livello regionale, i fondi andranno direttamente ai comuni che potranno aumentare il numero di sezioni o creare nuove strutture. Cambia anche la struttura dell'offerta formativa, da canale di assistenza ai bambini a primo step del processo di istruzione, in continuità con la scuola dell'infanzia che va dai 3 fino ai 6 anni. Credit CGIL scuola
domenica 2 ottobre 2016
CHI SONO GLI OTTANTAMILA DOCENTI DI 2" FASCIA?
CHI SONO GLI OTTANTAMILA DOCENTI DI 2" FASCIA?
Il MIUR con la nota 18736 dell’11 luglio 2016 ha trasmesso il Decreto del Direttore Generale 643 dell’11 luglio 2016 che ha definito le scadenze e le procedure per l’aggiornamento - integrazione periodica delle graduatorie d'istituto di II fascia con l’inserimento di coloro che hanno conseguito il titolo di abilitazione entro il 1° agosto 2016, la dichiarazione della specializzazione di sostegno, la regolamentazione della priorità in III fascia per gli abilitati, come previsto nel DM 326/15.
Pertanto, la 2" fascia sarà costituita da un quarto elenco aggiuntivo con gli abilitati entro il 1 agosto 2016 (il primo per gli abilitati entro il 1 febbraio 2015, il secondo per gli abilitati entro il 1 agosto 2015 e il terzo per gli abilitati entro il 1 febbraio 2016 sono stati già costituiti a Marzo 2016).
I titoli dichiarati sono stati valutati con le tabelle previste dal DM 353/14. Per lo strumento musicale si è utilizzata la tabella di valutazione di cui all’Allegato 3 al DM 235/2014.
I docenti che sono inclusi nell'elenco aggiuntivo di II fascia sono stati automaticamente cancellati, per il medesimo insegnamento, dalla graduatoria di III fascia (se già inclusi).
Il DD 643/16 chiarisce opportunamente che riguardo alla scuola secondaria di I e II grado, le classi di concorso esprimibili sono quelle di cui al DM 39/98.
Priorità nel conferimento delle supplenze da III fascia
Nei periodi che intercorrono tra una aggiornamento semestrale e l'altro della II fascia, chi consegue l'abilitazione avrà la priorità nel conferimento delle supplenze da III fascia.
Su istanze online è disponibile una specifica funzione, attiva per l'intero triennio. Nota CGIL scuola
I PERMESSI PER MOTIVI DI FAMIGLIA SONO FRUIBILI ANCHE AL PERSONALE NON DI RUOLO
I permessi per motivi di famiglia possono essere fruiti anche dal personale a tempo determinato?
di Paolo Pizzo
Paolo Pizzo – La risposta è positiva. L’art. 19 comma 1 del CCNL comparto Scuola prevede che al personale assunto a tempo determinato, al personale di cui all’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 399 del 1988 e al personale non licenziabile di cui agli artt. 43 e 44 della legge 20 maggio 1982 n. 270, si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato, con le precisazioni di cui ai successivi commi.
La risposta è positiva. L’art. 19 comma 1 del CCNL comparto Scuola prevede che al personale assunto a tempo determinato, al personale di cui all’art. 3, comma 6, del D.P.R. n. 399 del 1988 e al personale non licenziabile di cui agli artt. 43 e 44 della legge 20 maggio 1982 n. 270, si applicano, nei limiti della durata del rapporto di lavoro, le disposizioni in materia di ferie, permessi ed assenze stabilite dal presente contratto per il personale assunto a tempo indeterminato, con le precisazioni di cui ai successivi commi.
Il comma 7 prevede che al personale assunto a tempo determinato sono attribuiti sei giorni di permessi non retribuiti per le stesse motivazioni previste dall’art. 15 comma 2 (motivi personali o familiari documentati anche mediante autocertificazione).
Pertanto, la fruizione dei giorni avviene come per il personale assunto a temo indeterminato: i permessi non possono essere negati dal dirigente e il docente può anche autocertificarli. Inoltre la fruizione dei giorni può avvenire anche in modo continuativo.
In questo caso i giorni non lavorati o festivi non dovranno essere ricompresi nell’assenza. Ricordiamo però che qualora fruiti i 6 giorni per motivi personali o familiari non sono retribuiti, riducono le ferie e interrompono la maturazione dell’anzianità di servizio a tutti gli effetti (i giorni di assenza non sono pertanto utili ai fini del riconoscimento del punteggio nelle Graduatorie ad Permanenti/Esaurimento/Istituto e del versamento dei contributi).
ORARIO RIDOTTO! SI RECUPERA?
Prime settimane di scuola ad orario ridotto: il docente è tenuto al recupero dell’orario non effettuato?
di Paolo Pizzo
Il docente che nelle prime settimane di scuola non effettua l'orario intero deve poi recuperare quelle ore nel corso dell'anno scolastico?
Il CCNL/2007, all'art. 28 comma 5, indica che “Nell’ambito del calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale, l'attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola elementare e in 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d'istruzione secondaria ed artistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali. Alle 22 ore settimanali di insegnamento stabilite per gli insegnanti elementari, vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l'orario delle lezioni.”
Durante la prima (o le prime) settimana di lezione la scuola può funzionare ad un orario ridotto (es. 4 ore al giorno) rispetto al normale orario settimanale scolastico annuale. La scelta dell’orario “ridotto” può essere deciso dal Consiglio di Istituto.
Stante all’orario settimanale stabilito dall’art. 28 di cui sopra, i docenti sono comunque tenuti a svolgere l'attività di insegnamento ad orario “completo” fin dal primo giorno di scuola.
Il dirigente scolastico è quindi tenuto ad organizzare il servizio della prima settimana (o comunque per il tempo in cui vige l’orario ridotto) in modo da far lavorare i docenti per tutto il loro orario settimanale previsto (es. 18 ore nella scuola secondaria).
Sono opportune alcune precisazioni.
Dal momento che non vi è possibilità di scambio tra attività di insegnamento e attività funzionali all’insegnamento, ai fini dell’eventuale recupero delle ore non svolte il docente non potrà essere utilizzato in ciò che non rientri nell’”attività d’insegnamento”, per non parlare di attività che sono al di fuori delle competenze del docente come la risistemazione della biblioteca o altre attività simili.
Ciò vuol dire che il docente, per la parte di orario rimanente a quello già effettuato, è tenuto ad effettuare eventuali supplenze o “interventi didattici ed educativi integrativi” di cui all’art. 28 già citato, e in ultimo rimanere a disposizione per eventuali supplenze.
Inoltre ricordiamo a dirigenti scolastici e RSU che il CCNL/2007 parla di “orario settimanale” del docente, non mensile o annuale.
Pertanto un eventuale recupero delle ore non prestate può avvenire solo in quella determinata settimana, non potendo quindi essere rimandato ad una o più settimane successive.
Se dunque nella prima settimana ad orario ridotto il docente non può recuperare le ore non svolte, rispetto all’orario “normale” di insegnamento settimanale, tale recupero si deve comunque ritenere risolto.
Stessa cosa dicasi per eventuali settimane successive, se permane l’orario ridotto.
Salvo ovviamente che la contrattazione d’istituto non preveda diversamente.
sabato 1 ottobre 2016
ATTENTI ALLE RETI! NON FANNO CULTURA MA AMMINISTRATIVO!
ATTENTI ALLE RETI! NON FANNO CULTURA MA AMMINISTRATIVO!
Non partecipate alle attività non ci sarà retribuzione ma solo carichi di lavoro extra!
Con una nota del 7 giugno 2016 del Dipartimento dell’Istruzione del MIUR si sono impartite indicazioni per la costituzione delle reti di scuola secondo le previsioni della legge 107/15 art. 1 commi 70-72.
Entro giugno 2016 – sempre grande la tempestività del MIUR nel dettare tempi impossibili alle istituzioni scolastiche! – si sono costituire le Reti di Ambito (la nuova dimensione territoriale sub-regionale che sostituisce le province) e si è avviato il processo di costruzione libera delle Reti di Scopo. Per le seconde, subordinate alle prime, viene richiamato il DPR 275/99 (Regolamento dell’Autonomia) – che detta regole stringenti sulla costituzione e sul funzionamento di una rete – e viene fornita una scheda tecnica, mentre per le Reti di Ambito il relativo modello di costituzione non fa riferimento al DPR 275/99 e attribuisce alla Rete il potere di rappresentare tutte le scuole dell’ambito nel rapporto con l’USR. Tutto dunque a rischio di produrre conflittualità e contenziosi, stante la dubbia applicazione che viene data alle norme.
Per non sbagliare il MIUR ha confezionato l’allegato e i modelli di costituzione delle Reti di Ambito e di Scopo. Le scuole devono adeguarsi. L‘approvazione di adesione della scuola tramite una delibera del Consiglio di istituto è una pura formalità. Tutte le decisioni saranno prese dalla conferenza dei dirigenti scolastici della Rete che eleggerà una scuola Capofila il cui dirigente scolastico sarà il Presidente per una durata triennale.
Lo scopo dichiarato è uno solo: decentrare a carico delle scuole una serie di adempimenti che, al momento del varo dell’autonomia scolastica, dovevano essere assolti da altri organi territoriali (CSA, centri amministrativi scolastici) e che in questi anni, pervicacemente, sono stati di volta in volta intestati alle istituzioni scolastiche.
Si porta così a compimento una deriva che porta le scuole da un’autonomia che doveva essere didattica, organizzativa, di sperimentazione ricerca e sviluppo ad un’autonomia (pseudo) amministrativa che però viene intestata alle scuole tramite le reti. È chiaro anche il disegno di creare figure sempre più specializzate ma sempre più separate dalla didattica e dal contesto scolastico.
Sicché, gli uffici e i dirigenti scolastici invece di dedicarsi all’organizzazione ottimale dei servizi per la didattica e la cultura, surrogheranno il lavoro che in altri contesti è delegato ad altri uffici. Stipendi, pensioni, convenzioni per gli acquisti, rapporti bancari e assicurativi, anticorruzione ecc. nelle altre articolazioni dello Stato non sono a carico dei singoli uffici ma dei centri territoriali e centrali. Per la scuola no. La scuola prende in carico ciò che Ambiti territoriali amministrativi scolastici (ATI), Uffici Scolastici regionali (USR) e MIUR non riescono o non vogliono più a fare (naturalmente per una precisa scelta politica e organizzativa). Perché per una certa cultura l’autonomia è questo: non reti per la didattica ma reti per l’amministrazione.
Una eterogenesi dei fini ci restituisce le scuole come centri di amministrazione e non di cultura.
Il tutto deve avvenire, poi, senza maggiori e nuovi oneri per la finanza pubblica, per cui le scuole in rete dovranno mettere a disposizione anche il personale e le risorse.
Tutta l’operazione viene, infine, accompagnata dalla considerazione che le Reti avranno così capacità di rappresentanza presso gli USR e presso gli Enti istituzionali. E anche qui si nasconde un inganno che la FLC CGIL da sempre denuncia: una vera rappresentanza istituzionale e territoriale deve nascere dal basso e deve avere in tutti i soggetti (dirigente, docenti, ATA, genitori, studenti) la propria rappresentanza, essendo quella del dirigente scolastico, come rappresentanza legale, molto incardinata nella sua veste di funzionario di stato e non di un’autonomia della Repubblica quale è la scuola.
Per la FLC CGIL non si chiude così la partita dell’autonomia, la si giocherà nelle scuole e in tutte le sedi opportune per denunciare e forzare i limiti burocratici delle scelte in atto e per portarle ad altri approdi, che siano rispettosi delle scuole e della loro specifica missione, che sono la cultura e la formazione delle giovani generazioni e non un’astratta funzionalità amministrativa.
Infine, resta la gravità del comportamento del MIUR che ancora una volta ignora il confronto con le parti sociali su partite cosi importanti che hanno ricadute sul rapporto di lavoro di dirigenti, docenti e ATA. Anche per questo motivo la nota ministeriale è da ritirare.
Credit CGIL scuola
HERPES ZOSTER
Gli herpes sono una famiglia di virus che si propagano con gran facilità e che causano molte malattie, come il Vaiolo, la Varicella, l’Herpes genitale e quello orale, la Mononucleosi infettiva e l’Herpes Zoster, comunemente conosciuto come fuoco di Sant’Antonio; anzi, il virus del fuoco di Sant’Antonio è esattamente stesso della Varicella, il Varicella-zoster virus.
Quando da bambini o adolescenti si viene in contatto, per la prima volta nella vita, con questo virus, ci si ammala di Varicella e, immediatamente, il sistema immunitario si mobilita per distruggerlo. Questo, consapevole che la reazione dell’organismo non gli lascerà via di scampo, preferisce battere in ritirata; abbandona la pelle e si trasferisce nelle cellule nervose, dove, protetto dalle guaine che rivestono i nervi, al cui interno gli anticorpi non possono entrare, rimane per anni in una forma che i medici chiamano "latente ", in pratica vivo, ma incapace di moltiplicarsi, ospite del nostro corpo, ma come addormentato sino il giorno in cui, profittando di un temporaneo indebolimento delle difese immunitarie, si risveglia, spesso dopo decenni, e comincia a riprodursi, provocando non più la Varicella, ma l’Herpes Zoster.
Per questo motivo, chi non ha mai avuto la Varicella, non potrà mai avere il fuoco di Sant’Antonio, mentre tutti quelli che hanno avuto la Varicella corrono il rischio, prima o poi, di svilupparlo.
Lo Zoster insorge di frequente negli anziani ed in persone sottoposte a cure che danneggiano, anche se in modo passeggero, i nostri meccanismi di difesa contro le infezioni. Altre volte, invece, la malattia si manifesta in persone del tutto sane che per fatti banali, come strapazzi, freddo o scottature solari, si indeboliscono e diventano momentaneamente più suscettibili ad ammalare.
L’Herpes Zoster è molto comune. Si ritiene, infatti, che un individuo su dieci lo avrà nel corso della vita, più che altro dopo i 50 anni, ma, seppur di rado, si manifesta, anche nei giovani.
Sintomi e manifestazioni
Il primo segno dello Zoster è un formicolio, od un intorpidimento, in una ben circoscritta parte del corpo. Dopo alcuni giorni, in questa zona, che nel frattempo si è arrossata, compaiono grappoli di bollicine, che ricordano nell’aspetto quelle della Varicella e che si distribuiscono lungo il decorso del nervo o dei nervi in cui il virus era nascosto: più spesso sul torace, lungo le coste. Si viene, così, a formare una mezza cintura che ha dato il nome alla malattia. In greco antico, infatti, Zoster significa cintura, mentre gli inglesi chiamano la malattia "Shingles" che deriva dal latino "cingulum", appunto cintura.
Oltre l’eruzione può esserci malessere generale, febbre, brividi, mal di testa e di stomaco. Lo sfogo cutaneo non procura prurito, come nella Varicella, ma dolore o bruciore.
Lo Zoster è, in realtà, un’infezione che danneggia i neuroni sensitivi, vale a dire quelle cellule del sistema nervoso specializzate nella trasmissione al cervello di tutto ciò che la pelle e gli organi di senso sono in grado di avvertire: caldo, freddo, dolore, sensazioni tattili, pressione e tante altre ancora. I neuroni, lesionati dal virus, in questo caso, inviano al cervello spiacevoli sensazioni dolorose. Il dolore può essere intenso, continuo, penoso e alle volte così forte che la parte interessata, anche solo sfiorata lievemente, scatena violenti attacchi con contrazioni muscolari. Con il passare dei giorni, le bollicine sulla pelle si rompono e si formano delle croste.
Il virus si trasmette attraverso l’aria respirata e perciò per essere contagiati, è sufficiente soggiornare nella stessa stanza dove si trova il malato, anche se non si tocca direttamente. E’ bene, tuttavia, dire in modo chiaro che le persone contagiate dal malato, non avranno il fuoco di Sant’Antonio, ma la Varicella, se non l’hanno avuta in precedenza beninteso, poiché questa dà un’immunità permanente e non si può ammalare due volte nella vita di Varicella. Allo stesso modo, le persone malate di Varicella, possono trasmetterla ad altri, ma non possono trasmettere lo Zoster.
Il fuoco di Sant’Antonio alle volte interessa la testa e poiché ogni tipo di nervo può essere colpito, può interessare i nervi dell’occhio o quelli dell’udito. Nel primo caso, il malato oltre al dolore al volto, potrebbe avere disturbi visivi sino alla cecità temporanea, mentre se sono interessati i nervi dell’orecchio ci saranno disturbi dell’udito.
Abitualmente le difese immunitarie riescono, dopo 3-5 settimane, ad avere la meglio sulla malattia: il dolore si attenua e poi si spegne del tutto, le lesioni sulla pelle scompaiono e la maggior parte dei pazienti guarisce senza conseguenze.
Dopo la guarigione, l’individuo è, spesso, completamente immunizzato; in altre parole, protetto per sempre nei confronti di un possibile nuovo risveglio del virus.
Tuttavia questo non sempre avviene e per tale motivo ci sono persone che hanno avuto il fuoco di Sant’Antonio più di una volta nella loro vita.
Lo Zoster, se trattato precocemente, dura meno e dà disturbi più lievi.
Terapia
Le cure comprendono unguenti e lozioni locali, la protezione cutanea con garze sterili, gli antistaminici. Gli antibiotici per bocca sono utili solo se ci sono infezioni sovrapposte, e gli antidolorifici, dall’aspirina a quelli più potenti danno sollievo al malato.
Nei casi di dolore molto forte possono essere praticate infiltrazioni locali d’anestetici o impiegate creme e cerotti anestetici. Esistono farmaci antivirali (come Acyclovir e Valacylovir ed il Famcyclovir) che possono, quando assunti precocemente, accelerare la guarigione e aiutare a prevenire una temibile complicazione della malattia: la nevralgia post-erpetica.
Per fortuna, abbiamo oggi mezzi per curare il dolore. I narcotici sono molto potenti, ma possono anche avere conseguenze pericolose e perciò i medici preferiscono ordinare farmaci più moderni, ugualmente validi, e privi d’effetti nocivi. Creme contenenti Capsacina, sostanza ricavata dal peperoncino rosso, sono molto efficaci nel dar sollievo ai pazienti con nevralgia post-erpetica. Si è, inoltre, visto che alcuni farmaci, usati nella cura dell’epilessia, e perciò chiamati anticonvulsivanti, possono essere efficaci nella nevralgia post-erpetica, così come altri, usati per curare la depressione.
Molte persone, infine, hanno tratto giovamento da cure alternative come l’agopuntura o la stimolazione elettrica dei nervi.
I rischi in gravidanza
Le gestanti sono, spesso e giustamente, preoccupate di poter avere malattie infettive, che potrebbero essere trasmesse al feto durante la gravidanza o al momento del parto. Se la futura mamma non ha avuto, durante la sua infanzia o adolescenza, la Varicella, potrebbe contrarla quando è in stato interessante, venendo in contatto con un malato di Varicella o con persona affetta dal fuoco di Sant’Antonio. Se ciò avviene durante le prima 30 settimane di gestazione, ci possono essere rischi per il nascituro, poiché l’infezione potrebbe indurre imperfezioni. Si tratta, fortunatamente, di casi rari e tra gli studiosi non c’è accordo su quanto grande è il rischio per il bambino. Nelle settimane successive, invece, se l’intervallo di tempo tra l’inizio della Varicella nella donna incinta ed il momento del parto, è abbastanza lungo, la madre ha il tempo di produrre anticorpi contro la Varicella e trasferirli al nascituro che può, in questo modo, sconfiggere l’infezione.
Se la madre contrae la Varicella tra il 21° ed il 5° giorno prima del parto, il bambino potrebbe avere la Varicella già alla nascita o svilupparla pochi giorni dopo, ma sarà comunque protetto dagli anticorpi materni. Se, invece, la madre contrae la Varicella subito prima del parto, non potrà trasferire i suoi anticorpi al bambino, per il semplice fatto che non ha avuto il tempo di produrli, né il piccolo potrà difendersi con le sue forze, poiché il suo sistema immunitario è ancora immaturo. In tali casi, fortunatamente rari, la Varicella potrebbe essere fatale per il neonato, che può essere, tuttavia, curato con anticorpi ricavati dal sangue d’adulti che hanno avuto, di recente, la Varicella o lo Zoster.
domenica 25 settembre 2016
FORMAZIONE OBBLIGATORIA DOCENTI!
La legge n. 107/2015, com’è noto, ha reso la formazione dei docenti obbligatoria, permanente e strutturale ed ha previsto un Piano Nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto ministeriale. Le attività di formazione da parte delle istituzioni scolastiche devono essere realizzate in coerenza con il PTOF e il PdM, sulla base delle priorità indicate nel citato Piano.
In attesa della pubblicazione del Piano, il Miur ha pubblicato la nota n. 2915 del 15/09/2016, con la quale vengono anticipate alcune indicazioni per dare alle scuole la possibilità di iniziare a pianificare gli aspetti organizzativi e gestionali delle attività di formazione del personale scolastico.
Riportiamo un'utile scheda della UIL
mercoledì 21 settembre 2016
Ducati e Lamborghini per l'eccellenza italiana!
Ducati e Lamborghini lanciano il sistema duale alla tedesca per gli under20
Mille e cinquecento ore di formazione “on the job”, secondo il modello duale tedesco. E una borsa di studio-lavoro mensile di 600 euro netti per 23 mensilità. Quarantaquattro ragazzi, non iscritti a scuola e non occupati, in possesso di una qualifica professionale, sono “tornati sui banchi”, grazie al programma «Desi» (Dual education system Italy) messo in campo da Ducati e Lamborghini (e finanziato da Volkswagen con circa tre milioni).
L’attività di studio e lavoro
I giovani, che hanno in media 19 anni, grazie alla flessibilità dei percorsi per adulti, seguiranno un “patto formativo” che prevede un impegno a tempo pieno per due anni alternando periodi di scuola (frequenteranno il quarto e quinto anno negli istituti Aldini Valeriani e Belluzzi Fioravanti di Bologna) e periodi di training nei laboratori Ducati e Lamborghini, supervisionati da tutor aziendali. «Il Governo sta spingendo sul potenziamento dell'alternanza - ha sottolineato Elena Ugolini, ex sottosegretario, ora stretto consigliere del ministro Giannini -. Il progetto Desi potrebbe diventare la normalità per tante altre aziende italiane e Garanzia giovani potrebbe finanziare queste iniziative».
Alle selezioni «si sono presentati 202 candidati - ha detto Luigi Torlai, a capo delle risorse umane di Ducati -. Ci sono stati 4 screening su cv, attitudine, colloquio motivazionale e prova pratica. I 44 giovani selezionati si formeranno a scuola e sul campo, acquisendo una professionalità subito spendibile per il lavoro. Esattamente come avviene in Germania». Credit Sole 24 ore
martedì 20 settembre 2016
PRIVACY, LE NUOVE NORME
Scuola. Nuove norme accesso agli atti e in arrivo vademecum sulla privacy
Vi è voglia di trasparenza, si vorrebbero tutti in una casa di vetro, trasparente, purché in quella casa non ci sia l’interessato.
Una rivoluzione si è verificata nel delicato settore della Privacy ed istanza di accesso agli atti, con il Freedom Of Information Act, ovvero FOIA di cui al DECRETO LEGISLATIVO 25 maggio 2016, n. 97 atto che prevede una profonda eevisione e semplificazione delle disposizioni in materia di prevenzione della corruzione, pubblicità e trasparenza, correttivo della legge 6 novembre 2012, n. 190 e del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, ai sensi dell’articolo 7 della legge 7 agosto 2015, n. 124, in materia di riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche.
La norma in questione è l’articolo 6 del citato DLGS che riscrive l’articolo 5 e seguenti del decreto legislativo n. 33 del 2013 L’articolo 5 del decreto legislativo n. 33 del 2013 e’ sostituito dal seguente: «Art. 5 (Accesso civico a dati e documenti). – 1. L’obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall’articolo 5-bis.
L’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non e’ sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L’istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione.
Insomma dalla lettura di questa norma pare essere superata la legge 241 del 1990? Non è detto, certo, il fatto che chi richiede gli atti ai sensi della 241 e se li vede respinti, in base a quello che emerge da una prima lettura di questa nuova norma, potrebbe, invece, il diretto interessato conseguirli ricorrendo proprio al FOIA, e dunque converrebbe richiedere gli atti non più ricorrendo ai sensi della vecchia e cara legge 2141/1990.
Salvo per determinati limiti che sono i seguenti: il diniego e’ necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilita’ finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive.
L’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, e’ altresì rifiutato se il diniego e’ necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali. Il diritto di cui all’articolo 5, comma 2, e’ escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge, ivi compresi i casi in cui l’accesso e’ subordinato dalla disciplina vigente al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990.
Dei dubbi, consistenti, sussistono, e probabilmente verrà il tutto chiarito dalle linee guida che verranno prodotte a breve da parte dell’ANAC e Autorità per la protezione dei dati personali.
Così come a breve uscirà il nuovo vademecum del Garante della Privacy in materia di scuola, che conterrà diverse risposte in merito a più quesiti formulati da docenti, personale ATA, e genitori. Credit Orizzonte scuola
DIDATTICA CAPOVOLTA ESPERIENZA DA FARE!
Niente più lezioni frontali in classe e compiti a casa, ma a scuola si lavora con pc, tablet e smartphone per risolvere problemi e sperimentare quello che si è imparato, mentre a casa si seguono lezioni video o spiegazioni preparate dai docenti in versione podcast, testi condivisi tra più docenti. Un metodo innovativo, nato nel 2007 negli Stati Uniti, dove oggi 20mila scuole costruiscono e offrono agli studenti video didattici da vedere a casa quando vogliono, mentre il tempo in classe è dedicato alla discussione e all’apprendimento attivo. L’insegnante diventa un mentore, figura chiave che aiuta i ragazzi a rielaborare, coordinarsi, segue da vicino chi è in difficoltà e ha bisogno di un aiuto extra. O fa esercitare gli alunni più dotati su compiti complessi.
CASSAZIONE NO LICENZIAMENTO PUBBLICO DIPENDENTE! È illegittimo il licenziamento di un pubblico dipendente senza l'osservanza delle disposizioni dell'articolo 18 della legge Giugni!
Licenziamento intimato a dipendente in malattia che non comunica domicilio. Cassazione: sì articolo 18 nella PA
Nuova importante Sentenza, in materia di licenziamenti, della Cassazione.
Con la Sentenza Num. 17965 del 13 settembre 2016 tratta il caso di un licenziamento intimato da una struttura Ospedaliera ad una sua dipendente “per non avere provveduto, nel corso di un’assenza per malattia al rientro da un periodo di comando presso la ASL di Rieti, a comunicare il proprio domicilio presso il Comune di Torino”.
La Corte come prima cosa ricorda che il rapporto di lavoro in questione è da considerarsi di regime pubblico “Il rapporto di lavoro del personale è quindi assoggettato alla disciplina di cui al D.Igs n. 165 del 2001 e rientra nell’ambito dei rapporti di diritto pubblico c.d. contrattualizzato ai sensi dell’art. 40 ss. del suddetto testounico, nel comparto di contrattazione del personale del Servizio sanitario nazionale.”
Poi precisa che “A tale qualificazione consegue l’operatività del principio affermato da questa Corte con la sentenza n. 11868 del 2016, cui occorre dare continuità, e quindi l’inapplicabilità delle modifiche apportate dalla L. n. 92 del 2012 all ‘art. 18 della L. n. 300 del 1970, con la conseguenza che la tutela in caso di licenziamento illegittimo, pur intimato in data successiva all ‘entrata in vigore della richiamata L. n. 92, resta quella prevista dall’art. 18 St.lav. nel testo antecedente la riforma.
Tale considerazione è decisiva ed assorbente al fine di ritenere la fondatezza del ricorso e disporre la cassazione della sentenza impugnata. Segue il rinvio alla Corte d’appello di Torino, in diversa composizione, che dovrà valutare le conseguenze dell’ illegittimità del licenziamento in applicazione della normativa di cui all ‘art. 18 della L. m. 300/1970 nella formulazione applicabile, e giudicare anche sulle spese del presente giudizio di legittimità”.
Credit Orizzonte Scuola
domenica 18 settembre 2016
Negli scheletri di Londra le tracce della peste del 1665
Negli scheletri di Londra le tracce dell'ultima peste
Da alcuni resti umani rinvenuti a Liverpool Street possono essere tratte importanti informazioni sull'epidemia che colpì la città nel 1665
Per la prima volta è stato identificato il ceppo batterico che causò la grande peste di Londra del 1665. Gli scienziati hanno ritrovato il DNA del batterio Yersinia pestis - l'agente patogeno che già nel Trecento aveva causato l'epidemia di Peste nera, decimando la popolazione europea - negli scheletri rinvenuti l'anno scorso durante i lavori per la costruzione della linea ferroviaria Crossrail.
Gli scavi in Liverpool Street attraversavano il Bedlam Burial Ground, un antico cimitero usato fra il 1569 e l'inizio del XVIII secolo. In tutto sono stati rinvenuti più di 3300 scheletri: tra questi, 42 cadaveri seppelliti in una fossa comune che secondo gli archeologi era stata destinata alle vittime della peste. Il DNA di Yersinia pestis è stato rinvenuto nei denti di cinque cadaveri: non ci sono più dubbi, quindi, che la loro morte sia stata causata dalla peste bubbonica. Quella del 1665 fu l'ultima epidemia di peste bubbonica che abbia colpito la Gran Bretagna, e uccise circa 100 mila londinesi, quasi un quarto degli abitanti della città, in circa
18 mesi. La scoperta potrebbe servire a chiarirne meglio alcuni aspetti ancora misteriosi, come la rapidità e l'aggressività del contagio.
"Oggi la peste non si comporta nello stesso modo", spiega Don Walker, osteologo al Museum of London Archeology (MOLA), che ha partecipato al campionamento dei reperti. "Si diffonde meno velocemente, ed è meno aggressiva. C'era forse stato un qualche tipo di mutazione?". Oppure all'epoca erano diverse la suscettibilità e la risposta immunitaria degli ospiti? Erano forse già debilitati da malattie più gravi, come la tubercolosi, e dalla malnutrizione?".
Il DNA è stato identificato da un team di scienziati del MOLA assieme a esperti dell'Istituto Max Planck, il celebre centro di ricerca tedesco. I ricercatori hanno analizzato i denti perché lo smalto agisce come una sorta di capsula del tempo, preservando l'informazione genetica di ogni batterio in circolo nel sangue dell'individuo all'epoca della morte. Il batterio stesso muore poco dopo l'ospite, per cui le tracce rimaste 351 anni dopo non presentano alcun pericolo ai giorni nostri.
Il prossimo obiettivo degli scienziati è il sequenziamento del DNA del batterio che causò l'epidemia del 1665, per confrontarlo con quello rinvenuto negli scheletri delle vittime della peste del Trecento, rinvenuti in un'altra fossa comune.
"Vogliamo scoprire se il focolaio dell'epidemia fosse locale o tutt'al più europeo - dovuto a una popolazione di roditori che faceva da serbatoio per il batterio - o se si è trattato di diverse ondate provenienti dall'Asia", spiega Walker. "Le prove attuali sostengono la prima ipotesi".
I ricercatori sperano anche di scoprire qualcosa delle cinque vittime della malattia. Tutto ciò che si sa per ora è che erano giovani: uno era un bambino tra i sei e gli undici anni, gli altri ne avevano comunque meno di 25. Solo di tre di loro è stato possibile determinare il sesso: due erano maschi, una femmina.
L'analisi degli isotopi stabili di stronzio e ossigeno nei denti permetterà agli scienziati di capire se erano originari di Londra o se si erano trasferiti da qualche altra zona. Gli isotopi di carbonio e azoto possono invece fornire indicazioni sulla loro alimentazione: quanta carne, quanta verdura e quanto pesce mangiavano. E il DNA del microbioma dei loro denti rivelerà quante particelle e inquinanti dell'aria assorbirono nel corso della loro vita.
La scoperta avviene proprio mentre Londra commemora i 350 anni dal Grande Incendio del settembre 1666, che distrusse gran parte della città ma che, secondo la credenza popolare, pose fine all'epidemia con le sue fiamme purificatrici. In realtà questa ipotesi è ancora oggetto di dibattito tra gli studiosi: "Al momento si pensa che l'epidemia stesse già rallentando quando c'è stato l'incendio", spiega Walker. "In quel periodo la peste uccideva soprattutto nei sobborghi della città, che non furono colpiti dall'incendio: forse quindi il fuoco ebbe un impatto minore di quanto si pensi".
Una cosa però è certa: dopo l'incendio, l'epidemia finì e non tornò mai più, tranne che nelle sue spettrali tracce di DNA. Credit National Geographic
Gli scienziati hanno rinvenuto il DNA del batterio Yersinia pestis nei resti trovati di un antico cimitero di Londra. Fotografia di Crossrail LTD
sabato 17 settembre 2016
Tutte le violazioni di legge operate dal MIUR nei trasferimenti coatti messi in luce dal giudice di Trani!
Tutte le violazioni di legge operate dal MIUR nei trasferimenti coatti messi in luce dal giudice di Trani!
Violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), oltre che dell’art. 1, comma 108, L. n. 107/2015, dell’art. 6 CCNL mobilità scuola del 8.4.2016, e dell’O.M. n. 241/2016, nonché dell’art. 28, comma 1, d.P.R. n. 487/1994.
Tribunale di Trani – Ordinanza del 16 settembre 2016
Illegittima assegnazione di una docente ad un Ambito Territoriale distante, in violazione dell’elenco delle preferenze espresse nella domanda di mobilità – Violazione del principio di scorrimento della graduatoria.
Ordinanza 16.09.16
Il M.I.U.R. ha violato il principio, generale ed inderogabile, di scorrimento della graduatoria in tema di mobilità, non rispettando l’ordine degli ambiti territoriali indicati nella domanda di trasferimento, prodotta da una docente.
Infatti, rileva il Tribunale del lavoro di Trani, numerosi insegnanti inseriti in graduatoria, pur avendo un punteggio di gran lunga inferiore rispetto a quello della ricorrente, sono stati assegnati in una scuola facente parte degli Ambiti pugliesi, ovvero dei primi ambiti di preferenza scelti dalla lavoratrice, cui invece è stato assegnato un ambito territoriale distante centinaia di chilometri.
Tale condotta amministrativa concreta una violazione dei principi di imparzialità e buon andamento della P.A. (art. 97 Cost.), oltre che dell’art. 1, comma 108, L. n. 107/2015, dell’art. 6 CCNL mobilità scuola del 8.4.2016, e dell’O.M. n. 241/2016, nonché dell’art. 28, comma 1, d.P.R. n. 487/1994.
Per tale ragione l’assegnazione della lavoratrice all’Ambito territoriale assegnato è illegittimo e l’amministrazione dovrà quindi procedere ad assegnarla in una delle sedi disponibili indicate nella domanda di trasferimento, in rigoroso rispetto del principio di scorrimento della graduatoria. Credit dirittoscolastico
venerdì 9 settembre 2016
LA SONDA CASSINI ALLA SCOPERTA DI TITANO
La sonda Cassini
Alla scoperta di Titano
1º luglio 2004: dopo un viaggio di 3 miliardi e mezzo di chilometri durato 7 anni la sonda Cassini entra nell'orbita di Saturno. Da allora, Cassini non smette di stupirci con foto e scoperte.
Un cielo arancione, sbiadito solcato da furiosi venti con raffiche che toccano anche i 400 chilometri all'ora. Un'atmosfera ricchissima di azoto e metano e un volto, quello del suolo, rugoso, solcato da tracce simili a canali, fiumi nei quali non è ancora chiaro se e cosa scorra (nella foto).
Un mondo gelido e secco. Ecco Titano, agli occhi e alle orecchie della sonda Huygens, la prima navicella spaziale a mettere piede su un mondo dall'altra parte del nostro sistema solare.
Ripercorriamo i fatti: la sonda Cassini ospitava nel suo viaggio la sonda Huygens, realizzata dall'Esa per staccarsi dalla nave madre e raggiungere il suolo di Titano.
Discesa al buio
Dopo il distacco dalla nave madre Cassini Huygens ha affrontato 20 giorni di viaggio e 4 milioni di chilometri per raggiungere l'atmosfera esterna di Titano. La sonda ha iniziato la sua discesa attraverso le dense nubi della luna da un'altitudine di 1270 chilometri. Nei tre minuti successivi, la decelerazione di Huygens ha consentito di passare da 18000 a 1400 chilometri all'ora.
L'apertura in sequenza del paracadute e il distacco degli scudi termici di protezione hanno rallentato quindi la sonda fino a una velocità di 300 chilometri all'ora, addolcendo il difficile percorso tra i venti della luna e l'ostile atmosfera. E a circa 160 chilometri d'altezza gli strumenti scientifici sono stati accessi da 3 "sveglie" automatiche. Se non avessero funzionato, la missione si poteva dire conclusa e fallita. Da Terra era infatti impossibile comunicare con la sonda. E soprattutto inutile: i comandi impiegano oltre un'ora (67 minuti a essere precisi) per coprire la distanza che ci separa da Saturno. Per questa ragione tutta la sequenza finale di comandi è stata preregistrata e inviata in anticipo.
Credit Focus
L'ORIGINE DELL'AGRICOLTURA
Denti di 8.600 anni fa spostano indietro l'origine dell'agricoltura
Nel tartaro i microfossili di grano e orzo coltivati 08 settembre, 2016
L'origine dell'agricoltura fa improvvisamente un balzo all'indietro di quasi mezzo millennio, da 8.200 a 8.600 anni fa, quando le ultime comunità di cacciatori-raccoglitori convivevano con i primi gruppi di agricoltori, al punto di mangiare anche i loro cibi a base di grano e orzo. Lo dimostrano i microfossili incastonati nel tartaro dei denti di un gruppo di cacciatori-raccoglitori vissuti 8.600 anni fa. Li ha descritti, sulla rivista dell'Accademia delle Scienze degli Stati Uniti, Pnas, il gruppo dell'università di Cambridge diretto dall'italiana Emanuela Cristiani.
"E' una scoperta unica, che fa slittare all'indietro l'epoca dei primi cibi domestici", ha detto Cristiani. Arrivata a Cambridge grazie al finanziamento di 1,5 milioni di euro assegnato ai giovani ricercatori nell'ambito del programma europeo Horizon 2020. In novembre tornerà in Italia per insegnare nell'università Sapienza di Roma come professore associato. L'obiettivo del suo progetto è ricostruire la dieta vegetariana dei cacciatori-raccoglitori che popolavano l'Europa 10.000 anni fa, nel Paleolitico e nel Mesolitico, e la sua speranza era di raccogliere dati che avrebbero potuto mettere in crisi vecchie idee.
I denti analizzati provengono da una sepoltura nei Balcani centrali, nella zona delle Gole del Danubio, a Vlasac. "Abbiamo analizzato il tartaro a caccia di microfossili, capaci di fornire una vera e proprio biografia di quello che gli uomini mangiavano", ha spiegato Cristiani. Si è visto così che accanto alle tracce, prevedibili, di avena e piselli selvatici, c'erano quelle di grano e orzo chiaramente riconoscibili come coltivati. C'erano anche particelle di piume, forse respirate mentre si spennavano gli uccelli. Il quadro che emerge è che, circa un millennio prima di quanto si pensasse, i cacciatori-raccoglitori convivevano con i primi agricoltori e, insieme ad essi, mangiavano i cibi coltivati. Credit ANSA
L'ALGORITMO DEL MINISTERO È POCO CHIARO
Mobilità, giudice di Salerno blocca il trasferimento di una docente Campana in Emilia Romagna! Le motivazioni!
Succede al Tribunale di Salerno. L’algoritmo che ha deciso la mobilità al Nord di una docente viene accusato di commettere errori.
Se non li ammette il Ministero che la mobilità straordinaria gestita dagli algoritmi ha creato solo ingiustizie, ci pensa il tribunale.
In questo caso, è stato il giudice Ippolita Laudi, come riporta Il Mattino, a sostenere ingiusto il meccanismo che ha portato una docente salernitana nella lontana Emilia Romagna dopo il piano straordinario di mobilità.
Il giudice ha accolto la domanda cautelare, dato che “la ricorrente, nelle medesime condizioni di altre insegnanti individuate come controinteressate, pur avendo conseguito un punteggio superiore, in assenza di altre condizioni, si è vista scavalcare e non ha ottenuto l’insegnamento della lingua inglese in Campania, in uno degli ambiti territoriali nei quali sono stati coperti nella scuola primaria i posti di lingua inglese assegnati alle controinteressate, con punteggio inferiore”.
Insomma, l’algoritmo ha fatto ingiustizie, secondo la Laudi, aprendo uno spiraglio per migliaia di docenti. Credit Orizzonte scuola
martedì 6 settembre 2016
SCUOLA, SALDO NEGATIVO A TINTE FOSCHE
SCUOLA, SALDO NEGATIVO A TINTE FOSCHE
Ecco come Repubblica, un giornale non certo contrario al governo, dipinge il prossimo anno scolastico!
Promessa tradita o solo rinviata? Con la riforma, enfaticamente battezzata Buona Scuola, Matteo Renzi era convinto di poter finalmente guarire medie e licei, elementari e istituti professionali dai loro mali cronici. E in tempo brevi. Basta masse di docenti precari, demotivati e indietro con i tempi digitali, basta girandole di supplenti, basta incomunicabilità tra il mondo dell'insegnamento e quello del lavoro. Basta docenti costretti ad aggiornarsi a proprie spese. E basta soffitti che crollano in testa ad alunni e insegnanti. Buoni propositi che il bilancio del primo anno di applicazione della legge, come vedremo nel dettaglio, ha disatteso ampiamente.
Vista la gravità di una malattia che affligge la nostra scuola da decenni, forse pensare che pochi mesi potessero essere sufficienti per proiettarla nel terzo millennio era illusorio. Quel che preoccupa maggiormente è semmai la distanza del primo bilancio dagli obiettivi fissati e soprattutto le premesse con cui si appresta a partire il secondo anno di Buona Scuola, con all'orizzonte tante incognite e poche certezze, un avvio tutto in salita e nel caos per via degli insegnanti che non saranno nominati in tempo.
Le notizie che arrivano da ministero, provveditorati e fonti sindacali, parlano per il 2016/17 di un avvio di anno in salita e di un concorso per 64mila cattedre che, a causa di commissioni sorprendentemente troppo severe, non riuscirà a coprire tutti i posti messi in palio e che non si potrà neppure concludere entro i tempi necessari a spedire tutti i docenti in cattedra già a settembre, come invece annunciato. La previsione è che la metà dei posti rimarrà vacante per le troppe bocciature. Più realistica semmai l'ipotesi che per assumere la totalità dei vincitori occorrerà attendere il 2017. Così come le previsioni annunciano 60/80mila docenti inseriti nei nuovi ambiti territoriali chiamati direttamente dai presidi, in alcuni casi con colloqui con domande troppo "sul personale" (ma che potranno cambiare sede dopo la nomina) e di migliaia di posti destinati a restere vacanti ancora per un altro anno. Cattedre da assegnare agli immancabili supplenti di cui la riforma si sarebbe voluta sbarazzare, tagliando così finalmente i costi di gestione dell'istruzione.
Pronostici foschi per l'anno che si avvia ad apertura anche al capitolo bonus sul merito degli insegnanti, che nella passata stagione scolastica ha creato mille divisioni all'interno delle scuole, e sulla eccezionale mole di lavoro che ancora una volta toccherà ai "super presidi" per mettere in pratica i diversi aspetti della riforma. O, ancora, di un'alternanza scuola-lavoro che necessità sicuramente di una messa a punto anche se non sembra essere andata poi così male come si temeva.
Tra le poche certezze nel primo bilancio di Buona Scuola c'è stato il gruzzolo per l'aggiornamento distribuito ad ottobre: 500 euro a docente per l'acquisto di libri, spettacoli cinematografici e teatrali, corsi di aggiornamento ed altro. E il Piano nazionale Scuola digitale che sta cercando di modernizzare attrezzature, strutture e metodi di insegnamento. Per Pino Turi, della Uil "lo scorso anno, i problemi sono stati messi sotto il tappeto o rinviati: i veri effetti della legge 107 si vedranno il prossimo anno". “Governare un settore delle dimensioni della scuola senza la collaborazione del personale e il coinvolgimento dei sindacati è illusorio ed avventuroso per l'esecutivo".
E, aggiunge Lena Gissi, a capo della Cisl scuola, "non è neppure detto che gli alunni troveranno tutti i docenti in classe per l'avvio delle lezioni" perché “contrariamente agli anni passati, tutte le operazioni sul personale (immissioni in ruolo, assegnazioni provvisorie e utilizzazioni per un anno) dovranno concludersi entro il 15 e non entro il primo settembre, come stabilì la Gelmini nel 2008. Così, la nomina dei supplenti arriverà soltanto dopo". In parecchie regioni – Lombardia, Piemonte, Veneto, Umbria, Sicilia solo per citarne alcune – la prima campanella suonerà però prima di questa data. E quello di ritrovarsi la squadra dei docenti completa a novembre è più una certezza che un rischio. Domenico Pantaleo, alla guida della Flc Cgil, è decisamente pessimista. Parla di “contraddizioni, disfunzioni e incertezze che minacciano di scaricarsi sul prossimo anno scolastico, facendo ripiombare gli istituti nelle innumerevoli emergenze quotidiane".
Anche i presidi, solitamente meno pregiudizialmente ostili alle novità, non sembrano ottimisti. “Sarà un altro anno di fuoco per le tante incombenze cui dovremo far fronte per la piena attuazione della legge 107", sottolinea Paolino Marotta, dell'Andis. “Nei prossimi mesi – prevede – i nodi verranno al pettine". E snocciola una serie di questioni su cui dovrà concentrarsi da subito: dai criteri per attribuire il bonus premiale ai docenti, all'esonero dei vicari, passando proprio per la valutazione dei dirigenti scolastici, che parte a settembre. “Si può ben immaginare quale autunno caldo si preannuncia", conclude Marotta.
Francesca Puglisi, Responsabile nazionale Scuola del Pd che la Buona Scuola l'ha tenuta a battesimo al Senato, difende le scelte del governo Renzi. “Dopo anni di tagli, ha aumentato di 3 miliardi all'anno l'investimento nella scuola". La parlamentare democratica ricorda quindi tutti gli obiettivi centrati: dalle assunzioni al bonus da 500 euro a favore degli insegnanti, dalla maggiore attenzione verso i problemi dell'edilizia scolastica al Nuovo piano nazionale per la scuola digitale.
Dove il primo anno di riforma ha evidenziato limiti e velleità è soprattutto in quello che avrebbe dovuto essere il cuore del provvedimento: lotta al precariato e fine della supplentite, l'enorme numero di sostituti che le scuole e i provveditorati sono costretti a nominare ogni anno per far partire la macchina. Le statistiche parlano chiaro. Le supplenze sono calate appena di 13mila unità su 118mila, mentre le graduatorie provinciali dei precari – che servono a reclutare metà degli immessi in ruolo ogni anno – contano ancora 45mila iscritti. Va detto però che si partiva da quota 122mila e che a partire da settembre il numero dei supplenti reduci dal Piano da 103mila assunzioni previsto dalla riforma dovrebbe assottigliarsi ancora. Fino al completo svuotamento delle liste.
Passi falsi l'avvio della Buona Scuola sembra averli compiuti anche nella gestione dell'organico di potenziamento e perfino sull'assegnazione del tanto reclamizzato bonus, che in linea teorica avrebbe dovuto premiare i professori migliori. I docenti dell'organico di potenziamento – 48mila unità inviate nelle scuole a novembre del 2015 con l'intento di potenziare Musica e Educazione motoria alle elementari, le lingue straniere alla medie, Diritto ed Economia alle superiori – sono stati invece utilizzati spesso come tappabuchi. Quando non sono rimasti ad annoiarsi in biblioteca aspettando che qualcuno li chiamasse per una supplenza o per un altro incarico. E il prossimo anno non sembra possa andare meglio con i “potenziatori", perché tra "assegnazioni provvisorie" e "utilizzazioni" i presidi potrebbero ritrovarsi ancora con docenti non scelti da loro. Così bisogna sperare che i miliardi già spesi per rimettere in sicurezza e abbellire le tante scuole sgarrupate disseminate in ogni angolo del Paese evitino almeno che i soffitti continuino a crollare sulla testa di scolari e maestri, studenti e professori. Ma basta una violenta scossa di terremoto per portare, al di là delle buone intenzioni, tutti con i piedi per terra. Credit Repubblica
domenica 4 settembre 2016
Nella Via Lattea una stella non ancora nata
Per 16 anni è stata un rompicapo cosmico, sembrava anziana
La sua eta' e' stata un rompicapo cosmico per ben 16 anni e alla fine si e' scoperto che non e' ancora nata: e' una stella distante oltre 12.000 anni luce dalla Terra, ha una massa di circa 10 volte quella del sole ed emette un'energia circa 20.000 volte superiore a quella della nostra stella. E' anche ricca di ossigeno ed emette una grande quantita' di onde radio, proprio come fanno le stelle anziane. Questa sua caratteristica ha tratto in inganno per anni, ma adesso il gruppo del Goddard Space Flight Center della Nasa ha risolto il mistero e ha descritto la stella in formazione sull'Astrophysical Journal.
''E' dal 2000 che gli astronomi stanno studiando questa stella per cercare di capire a che punto dello sviluppo sia'', ha osservato il coordinatore della ricerca, Martin Cordiner. Chiamata IRAS 19312+1950, la stella aveva piu' volte tratto in inganno i ricercatori. Per certi versi sembrava anziana, ma i gas presenti nella nube che la circondava erano caratteristici delle regioni in cui nascono nuove stelle. Inizialmente gli astronomi avevano pensato anche a una sorta di 'illusione ottica', prodotta dall'embrione di una stella apparentemente sovrapposto a una stella anziana.
Tuttavia nessuno dei due scenari convinceva molto gli astronomi, che per risolvere il giallo cosmico hanno deciso di osservare la stella agli infrarossi utilizzando i telescopi spaziali Spitzer della Nasa e Herschel dell'Agenzia Spaziale Europea (Esa). Cosi' sono riusciti ad analizzare i gas e le polveri della nube, scoprendo che i granelli delle polveri presenti nella nube erano 'incastonati' nel ghiaccio. Questo fenomeno, come un vetro opaco, indeboliva la luce della stella, che per questo sembrava anziana. Credit ANSA
Al centro dell'immagine, in arancione, la stella della Via Lattea che si sta ancora formando (fonte: NASA/JPL-Caltech)
giovedì 1 settembre 2016
Il primo incontro ravvicinato tra Juno e Giove!
Il primo incontro ravvicinato tra Juno e Giove!
Il primo flyby di Juno è avvenuto con successo. Per ora ci ha restituito questa foto. E presto dfovrebbe regalarci una fenomenale serie di dati raccolti da tutti i suoi strumenti.
giove-juno
La sonda della NASA Juno ha sfiorato per la prima volta il fitto mantello di nubi di Giove. È passata alla quota di 4.200 chilometri e alla folle velocità di 208mila chilometri orari nel primo dei 36 flyby (o passaggi radenti) che caratterizzano la prima parte della sua missione che si dovrebbe completare nel febbraio 2018.
Mai la sonda si era avvicinata così tanto al pianeta — la manovra di inserimento orbitale, infatti, era stata eseguita 460 chilometri più in alto — e mai si riporterà a distanze così ravvicinate. Ma soprattutto era la prima volta che tutti gli strumenti della sonda erano accesi, funzionanti e puntati sul pianeta. «I primi dati di telemetria indicano che tutto ha funzionato come previsto», ha spiegato Rick Nybakken della NASA.
«Stiamo ottenendo dei primi dati molto interessanti», ha aggiunto Scott Bolton, a capo della missione. «Ci vorranno però un po’ di giorni per scaricare tutti i dati raccolti durante il sorvolo e molti altri per comprendere ciò che Juno sta tentando di dirci».
Particolarmente attese sono le immagini ad alta risoluzione dell'atmosfera giovia scattate dalla fotocamera JunoCam.
Nel frattempo, JUNO ha inviato un primo "assaggio": una veduta del polo nord di Giove, scattata durante la manovra di avvicinamento a una distanza di circa 703mila chilometri.
Juno sonderà la struttura profonda di Giove, la circolazione atmosferica e la fisica delle alte energie del suo ambiente magnetico e potrà così rivelare importanti indizi sulla formazione e l’evoluzione del gigante del Sistema solare, che potranno aiutarci ad avere una maggiore comprensione della nascita del nostro sistema planetario.
Un particolare della prima foto ravvicinata di Giove scattata da Juno durante il primo flyby. L'immagine totale si si trova qui.
giovedì 18 agosto 2016
TROVATA UNA QUINTA FORZA DELLA NATURA?
Trovata una quinta forza della natura?
Un’anomalia nel decadimento radioattivo di un isotopo del berillio potrebbe implicare l’esistenza di una quinta forza fondamentale. Ma è ancora presto per dirlo con certezza
Elettromagnetica, gravitazionale, nucleare forte e nucleare debole. Sono le quattro forze fondamentali della natura di cui si legge in tutti i testi di fisica. Forse, però, è arrivato il momento di un addendum. Gli scienziati dello Institute for Nuclear Research alla Hungarian Academy of Sciences, coordinati da Attila Krasznahorkay, hanno infatti rilevato, nel corso di un esperimento condotto lo scorso anno in Ungheria, un’anomalia nel decadimento radioattivo di un isotopo del berillio (il berillio 8, per la precisione, altamente instabile) che potrebbe essere la manifestazione di una quinta forza fondamentale della natura.
I risultati dell’esperimento, come raccontato sul blog di Nature, erano stati originariamente caricati sul server di pre-print ArXiv, e poi, a gennaio 2016, pubblicati su Physical Review Letters: nell’articolo, gli autori della ricerca postulavano, tra le altre cose, l’esistenza di una nuova particella leggera – appena 34 volte più pesante dell’elettrone –, ma il lavoro era rimasto stranamente inosservato.
Almeno fino al 25 aprile scorso, quando un’équipe di fisici teorici statunitensi ha pubblicato, sempre su ArXiv, un’analisi del lavoro ungherese, mostrando che i dati non sono in conflitto con quelli emersi dagli esperimenti precedenti, e concludendo che potrebbero essere, per l’appunto, la manifestazione di una quinta forza fondamentale: “Praticamente”, ha commentato Jonathan Feng, della University of California, Irvine, “abbiamo portato alla luce un lavoro che era rimasto nell’oscurità”.
Già da tempo, in realtà, i fisici si stanno interrogando sulla possibilità che esistano altre forze oltre alle quattro già note. Tali forze potrebbero servire, per esempio, a colmare le lacune del modello standard delle particelle elementari, che descrive efficacemente le interazioni tra le particelle attualmente conosciute ma non dice niente sulla materia oscura, la sostanza invisibile che si ritiene componga l’80% dell’Universo conosciuto. Una possibile spiegazione coinvolge l’esistenza di altre particelle e altri vettori di forze, tra cui i cosiddetti fotoni oscuri, ipotetici controparti dei fotoni tradizionali, mediatori della forza elettromagnetica.
È proprio su queste bizzarre entità che si è concentrata l’équipe di Krasznahorkay. Gli scienziati hanno fatto collidere fasci di protoni su un bersaglio di litio 7, creando nuclei di berillio instabile, che sono decaduti emettendo coppie di elettroni e positroni. “Secondo il modello standard”, spiega ancora Nature, “i fisici avrebbero dovuto osservare che il numero di coppie elettroni-positroni diminuisce all’aumentare dell’angolo che separa le loro traiettorie”. In corrispondenza di un angolo di 140°, invece, gli scienziati hanno osservato un salto nel numero di emissioni di elettroni e positroni, che poi torna a scendere per angoli più alti.
Secondo Krasznahorkay, il salto è la prova del fatto che una piccola frazione dei nuclei di berillio usa la propria energia in eccesso per formare una nuova particella (dal peso di circa 17 MegaelettronVolt), che poi, a sua volta, decade in una coppia elettrone-positrone: “Siamo certi dei nostri dati”, ha detto Krasznahorkay. “Il nostro team ha ripetuto l’esperimento diverse volte negli ultimi tre anni per minimizzare le possibilità di errore. La probabilità di osservare un falso positivo è di una su duecento miliardi”. Sebbene secondo l’équipe ungherese l’anomalia sia dovuta a un protone oscuro, Feng e colleghi la pensano diversamente: la particella potrebbe essere un “bosone X protofobico”. Ovvero, in sostanza, una particella mediatrice di una forza a corto raggio che interagisce con elettroni e neutroni. L’esperimento DarkLight, che sta per partire al Jefferson Laboratory, dovrebbe aiutare a chiarire l’arcano: è stato progettato, infatti, per cercare particelle di energia compresa tra 10 e 100 MegaelettronVolt. Proprio nel range dell’ipotetico protone oscuro o bosone X che dir si voglia. Staremo a vedere.
Nucleo dell'atomo e sue dimensioni
L'evoluzione del cervello? Tutto merito della cottura
L'evoluzione del cervello? Tutto merito della cottura
Homo erectus fu il primo dei nostri antenati a cuocere i cibi: questa pratica consentì di ricavare più calorie dalle sostanze consumate e di diminuire di conseguenza le ore dedicate all'alimentazione. Furono così superate, secondo una tesi avanzata da un nuovo studio, le limitazioni metaboliche che negli altri primati non ha permesso uno sviluppo del numero di neuroni e delle dimensioni del cervello proporzionale alle dimensioni corporee.
Quanto più è elevata la massa corporea, tanto più lo è la massa del cervello. Questa semplice legge evolutiva si ricava scorrendo l'albero filogenetico dei mammiferi. Ma perché l'uomo si distacca da questa legge di proporzionalità, con un cervello che per dimensioni e numero di neuroni non ha paragoni tra le grandi scimmie e tuttavia ha un corpo di dimensioni più limitate?
La risposta viene da un articolo apparso su PNAS: il fattore determinante è di natura metabolica, ed è il risultato di un compromesso tra il tempo disponibile per procurarsi il cibo e il consumo energetico del cervello.
Secondo quanto riportato dagli autori dello studio Karina Fonseca-Azevedo e Suzana Herculano-Houzel dell'Instituto de Ciências Biomédicas dell'Universidade Federal do Rio de Janeiro, in Brasile, l'essere umano detiene il record del numero di neuroni rispetto a tutti i primati, e a maggior ragione anche rispetto agli altri mammiferi; tre volte più di gorilla e urangutan, che a loro volta sono i più dotati tra i primati non umani. Le due specie, tuttavia, ci sovrastano per massa corporea; i gorilla, in particolare, possono arrivare a a pesare il triplo di un uomo.
Questa discrepanza tra corpo e cervello ha portato a teorizzare che il processo di encefalizzazione, cioè di sviluppo del cervello non proporzionale al resto del corpo, sia una caratteristica peculiare dell'essere umano, accompagnata con tutta evidenza da uno sviluppo delle capacità cognitive senza confronto anche tra le grandi scimmie.
Ma bastano le capacità intellettive a giustificare l'encefalizzazione? Gli autori ritengono di no. L'eccezione alla legge di proporzionalità tra cervello e corpo dev'essere considerata come un indizio del fatto che a un certo punto nell'evoluzione dei primati
si è trovata di fronte a un bivio: o sviluppare il corpo o sviluppare il cervello. Le due cose non potevano coesistere per motivi metabolici.
In termini di consumo energetico, il cervello umano è al terzo posto tra i diversi organi, dopo i muscoli scheletrici e il fegato. Percentualmente, in condizioni di riposo, il cervello è responsabile del 20 per cento del dispendio energetico complessivo (negli altri primati non supera il 9 per cento), sebbene rappresenti il 2 per cento della massa corporea complessiva.
Che cosa ha rappresentato una simile fabbisogno energetico per l'evoluzione degli antenati dell'uomo? Sicuramente una limitazione, che le due ricercatrici brasiliane hanno stimato quantitativamente. Se si guarda ai mammiferi, un corpo, e di conseguenza un cervello più grandi corrispondono a un metabolismo basale che aumenta secondo una legge di potenza il cui esponente è intorno a 0,75. E quanto più è alto il fabbisogno energetico, tanto più tempo la specie dovra impiegare per alimentarsi, tempo che però è limitato da diversi fattori, quali la disponibilità di cibo, il tempo di ingestione e di digestione, nonché dal contenuto calorico di quanto consumato.
L'elevato numero di ore dedicate alla ricerca di cibo e il basso contenuto calorico dei cibi crudi imponeva di raggiungere un compromesso tra massa corporea e numero di neuroni, che spiegherebbe le dimensioni relative del cervello delle grandi scimmie. Queste limitazioni furono probabilmente superate da Homo erectus con il passaggio al consumo di cibi cotti. Questi, rendendo disponibile una maggiore quantità di calorie rispetto ai cibi crudi, hanno permesso di ridurre il tempo necessario alla ricerca di cibo, rendendo meno stringente la necessità di un compromesso metabolico e aprendo la strada a un rapido incremento delle dimensioni cerebali nella successiva evoluzione umana. Credit Le Scienze
1 Ricostruzione dell'Australopiteco
Lucy
2 Teschio di Homo erectus ritrovato a Koobi Fora, in Kenya. La cottura dei cibi, praticata per la prima volta nell'evoluzione umana, ha permesso a questa specie un enorme progresso nel numero di neuroni e nelle dimensioni del cervello (© Carolina Biological/Visuals Unlimited/Corbis)
3 Teschi di grandi scimmie a confronto in un laboratorio (© Albert Lleal/Minden Pictures/Corbis)
4 Le prime scimmie antropomorfe si sono staccate dalle proscimmie 35 milioni di anni fa!