Tutto
quello che hanno tagliato in 20 anni ai lavoratori sul diritto alla pensione!
L'art.
36 della Costituzione stabilisce che la pensione deve essere proporzionata
alla quantità e qualità del lavoro svolto in modo da garantire una vita libera
e dignitosa al lavoratore ed alla sua famiglia.
A partire dal 1969, fino alla fine degli anni 70, con
le lotte, i lavoratori ed i pensionati, riuscirono ad ottenere grandi risultati
al fine di applicare il dettato costituzionale,
ma successivamente e soprattutto a partire dagli anni 90 le pensioni sono state
oggetto di duri attacchi, fino alla cancellazione di gran parte dei diritti
sanciti dalla Costituzione Repubblicana nata dalla Resistenza.
In sintesi, negli ultimi 25 anni ci sono
state 8 controriforme (sempre più pesanti) che hanno tolto diritti e
centinaia di miliardi, a lavoratori e pensionati:
- la “riforma” Amato del 1992, ha modificato il
meccanismo di perequazione automatica delle pensioni al costo della vita
sganciandolo dalla variazioni dei salari, inoltre vi è stata la modifica di
calcolo della pensione media, che è passata da 5 anni a 10 anni; sempre nel
1992, l'adeguamento al costo della vita, da semestrale diventa annuale.
- la “riforma” Dini del 1995, che aveva come obiettivo la tenuta del sistema pensionistico fino al 2040, in realtà ha creato la
divisione tra giovani e anziani distruggendo l'unità del mondo del lavoro
con:
a) calcolo contributivo anziché
retributivo per chi entra al lavoro a partire dal 1996 con un calo
della pensione di circa il 40% rispetto al sistema retributivo;
b) calcolo della pensione
legato all'aspettativa di vita;
c) cancellazione delle pensioni di anzianità a 35 anni senza vincolo di età;
d) introduzione di “finestre” che obbligano ad
attendere 3 mesi per aver diritto all'uscita pensionistica;
e) riduzione delle pensioni per i superstiti.
- nel 1997 anche Prodi fa una “riforma” per accelerare
la gradualità della riforma Dini, con l'introduzione della rivalutazione
annuale al 100% solo per le pensioni fino a due volte il minimo, dopo la
rivalutazione scende gradualmente al 90%, 75%, 30%.
- nel 2004, la "riforma" Maroni, prevede che
a partire dal 2008, le pensioni di anzianità con 35 anni di contributi potranno
essere recepite solo da coloro che hanno 60 anni di età (61 autonomi) e dal
2010 61 anni di età (62 se autonomi); le finestre passano da trimestrali a
semestrali;
- nel 2007, anche Cesare Damiano fa un ritocco alla “riforma” delle
pensioni, reinserendo le 4 finestre per le pensioni di vecchiaia, ridefinendo i
coefficienti di trasformazione del sistema contributivo.
- nel 2009, Sacconi e Brunetta , fanno una “riforma”
dove stabiliscono in peius che a partire dal 2015, l'indicizzazione dell'età
pensionabile sarà in rapporto all'innalzamento dell'aspettativa di vita.
- Nel 2010, la “riforma” Tremonti, inserisce una sola
finestra mobile, allunga il diritto alla pensione di 12 mesi dopo la
maturazione dei requisiti per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per quelli
autonomi; aumenta l'età pensionabile in base all'aspettativa di vita ogni 3
anni anziché ogni 5; anche i coefficienti di trasformazione verranno aggiornati
ogni tre anni.
- Infine la “riforma” Fornero che: fa saltare il diritto
ad andare in pensione con 40 anni di contributi assicurativi;
innalza l'età pensionabile oltre i 67 anni;
crea il dramma per coloro che non hanno più un lavoro
e nemmeno il diritto di andare in pensione dovendo aspettare i 67 anni (ecco come nascono gli esodati), inoltre blocca
l'indicizzazione al costo della vita per le pensioni superiori di due volte il
minimo.
Questo attacco alle pensioni, ha fatto anche si che
negli ultimi 15 anni, l'entità del valore reale delle rendite rispetto al
costo della vita è diminuito del 40%.
Ora si ricomincia a parlare di riforma delle pensioni (sempre
in tema di tagli) anche da parte del governo Renzi, che propone di andare
a ridimensionare il diritto alla pensione di reversibilità
con un meccanismo legato al reddito ISEE. Se questo dovesse passare toglierebbe
la pensione di reversibilità a circa il 50% degli aventi diritto.
In questo contesto la CGIL CISL UIL, il 2 aprile 2016, hanno chiamato a "raccolta" i pensionati su una misera piattaforma che
prevede la richiesta di mandare in pensione i lav oratori precoci (cioè coloro che sono
entrati al lavoro tra i 15 ed i 18 anni) a 62 anni o con 41 anni di contributi.
In realtà servirebbe una vera piattaforma
rivendicativa capace di mobilitare, di fare una vera battaglia con i
pensionati, i giovani, gli operai, gli studenti chiedendo:
- il ritorno al calcolo della pensione con il sistema retributivo per tutti;
- il ripristino delle pensioni di vecchiaia a 65 anni
e quelle di anzianità con 40 anni di contributi;
- il sistema automatico del recupero dell'inflazione
sulle pensioni;
- la netta divisione tra sistema previdenziale a
favore delle pensioni ed il sistema assistenziale, chiedendo al governo di far
gravare l'assistenza sulle casse dello Stato.
Lo stato spende circa 30 miliardi di euro l'anno per
le spese militari e gli ammortizzatori sociali
vengono fatti gravare sui contributi pensionistici dei lavoratori!
Inoltre i pensionati pagano tasse raddoppiate rispetto al personale in
quiescenza di altri Paesi Europei.
E' vergognoso! Non è vero che esiste un problema di collasso delle casse
dell'INPS, se questo si verifica è perché
i contributi che i lavoratori pagano non sono utilizzati solo ed esclusivamente
per le pensioni. Tutte le attività di assistenza devono essere pagate dallo
Stato e non dai lavoratori tramite l'Inps come avviene oggi. Credit Assoc. Prima le persone