Spesso durante una lezione con la LIM o la proiezione di slide PowerPoint i ragazzi copiano i contenuti o si attardano nello scrivere! Per venire loro incontro e educarli al digitale faccio usare lo smartphone con la App Office Lens. Questa ritaglia, migliora e rende leggibili le immagini di lavagne e documenti. Può anche convertire le immagini in file PDF, Word e PowerPoint modificabili e salvarli in OneNote o in OneDrive.
Office Lens è come uno scanner tascabile: come per magia, digitalizza le note sulle lavagne. Con Office Lens puoi avere sempre a portata di mano documenti o biglietti da vista importanti, annotare idee e scattare foto per riferimento futuro, raccogliere ricevute o foglietti volanti per non perderli. Provare per credere!
venerdì 3 marzo 2017
DSA e digitale
venerdì 24 febbraio 2017
LA SCUOLA MEDIA E LA COSTITUZIONE
E' il 31 dicembre 1962: da appena un mese è stata portata a termine dal quarto governo Fanfani la nazionalizzazione dell'energia elettrica, mentre ora, con la legge n.1859, si va a istituire la nuova Scuola media unificata. Qualcuno l'ha definita la più importante riforma scolastica del dopoguerra e, dopo sessant'anni, è una definizione che tutto sommato le sta ancora a pennello.
Va detto subito che essa trova i suoi presupposti in alcuni articoli inattuati della Costituzione: nello specifico si dà finalmente seguito all'articolo 34 (istruzione obbligatoria per almeno otto anni) per cui si viene a prescrivere che la fascia dell'obbligo venga elevata fino all'età di 14 anni e abbia carattere gratuito.
Nell'intenzione del legislatore viene auspicato che questo segmento di istruzione sia chiamato a svolgere non già una funzione di filtro selettivo, come avveniva nella vecchia scuola media, bensì abbia il compito di formare su un ampio ventaglio di materie i preadolescenti, favorendo così la scelta del percorso a loro adatto nel successivo ciclo di studi .
Recita la legge infatti all'art.1: “La scuola media concorre a promuovere la formazione dell’uomo e del cittadino secondo i principi sanciti dalla Costituzione e favorisce l’orientamento dei giovani ai fini della scelta dell’attività successiva”. Infatti la nuova Scuola media riunifica in un unico ambito la molteplicità delle opzioni presenti dopo il ciclo primario che obbliga le famiglie a una scelta di vita sin troppo precoce.
Prima di allora, infatti, per la fascia di età compresa fra i 11 e 14 anni è prevista l'opzione tra una scuola media triennale, istituita dalla riforma Bottai nel 1940, cui si accede con un impegnativo esame di ammissione, e altre specializzazioni professionalizzanti, tutte di derivazione gentiliana. Il problema è però che mentre la prima opportunità consente il successivo proseguimento degli studi in tutti i settori dell'istruzione secondaria superiore, l'altra scelta non lo permette.
Si tratta, in questo secondo caso, e fondamentalmente stiamo parlando di ambiti riservati alle fasce sociali meno abbienti, di optare o per i corsi di avviamento professionale o per i percorsi di scuola post-elementare. Scelte che però vincolano l'eventuale proseguimento degli studi solamente alle scuole e agli istituti professionali; un'opzione quindi che, impedendo all'utenza di vivere la scuola come una reale opportunità di crescita sociale, si pone in contrasto con lo spirito egualitario teorizzato dell'articolo 3 della Costituzione, il quale afferma invece l'importanza di assicurare pari dignità e opportunità a tutti i cittadini (“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale […] è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che […] impediscono il pieno sviluppo della persona umana”).
Ma non è tutto. La nuova legge abolisce anche l'esame di ammissione alla scuola media, mentre la Licenza media conseguita con il superamento dell'esame finale, consente la successiva iscrizione a tutti i tipi di istruzione superiore. Contestualmente viene posto fuori legge il lavoro minorile, anche sotto forma di apprendistato, per i minori di 14 anni: la legge 1859 si pone dunque a fondamento di quella scolarizzazione di massa che l'Italia perseguirà, con notevole successo, a partire dagli anni sessanta.
Sul piano politico in Parlamento si registra un'ampia convergenza di tutte le forze politiche sul disegno di legge voluto dall'allora ministro Luigi Gui. La vexata quaestio del latino ( i fautori: 'perché insegna a ragionare', i detrattori: 'perché è una lingua morta') vede la DC e il PSI inizialmente contrapposti: DC per il sì PSI, e in particolare Pietro Nenni, per il no. Il braccio di ferro si conclude con un compromesso: latino obbligatorio per tutti in seconda media e facoltativo in terza, per chi ha intenzione di iscriversi poi al liceo classico.
Un compromesso che in realtà scontenta tutti e che alla fine porterà nel 1977 (l.348) all'abolizione del latino dalla scuola media come materia obbligatoria.
Per concludere questa riflessione in occasione dei 50 anni dal varo della nuova scuola media (o scuola secondaria di I grado, come l'ha ridefinita il d. l.vo 59/2004, attuativo dell’art. 1 della l. 53/2003) vogliamo ricordare quanto attuale ancora sia ancora il dibattito sulle vere o presunte responsabilità di questo segmento scolastico in relazione ai deludenti livelli degli apprendimenti denunciati dagli studenti italiani nelle periodiche rilevazioni internazionali e nazionali (OCSE PISA, TIMSS, INVALSI).
Una polemica che viene da molto lontano se si ricorda che proprio all'indomani della riforma della legge 1859/62 gli insegnanti liceali insorgono dal momento che la scuola media viene meno alla sua originaria funzione di scuola secondaria inferiore che assolve una funzione preparatoria in relazione al grado scolastico superiore.
Proprio a seguito della riforma del 1962, essa svolgerà da quel momento in poi una funzione più a carattere formativo (orientato a offrire occasioni di sviluppo della personalità in tutte le direzioni) che solo propedeutico in relazione ai successivi gradi scolastici, come espressamente ribadito nella premessa ai nuovi programmi del 1979 (dove si afferma che: [la scuola media] non è finalizzata all'accesso alla scuola secondaria di secondo grado pur costituendo il presupposto indispensabile per ogni ulteriore impegno scolastico) e dunque meno propensa ad appiattirsi su una funzione meramente 'ginnasiale' come di fatto accadeva nella vecchia scuola media della riforma Bottai del 1940. Credit Encyclopedia Treccani
venerdì 6 gennaio 2017
La chiamata diretta secondo la CGIL scuola dopo l'intesa del 29 dicembre
Premessa
L’intesa sottoscritta al MIUR il 29 dicembre 2016 è il punto di approdo di una serie di incontri politici richiesti unitariamente dalla FLC CGIL, Cisl scuola, Uil scuola e Snals, avviati con il precedente Capo di Gabinetto della Ministra Giannini e proseguiti poi con la nuova Ministra Fedeli e il nuovo Capo di Gabinetto dott.ssa Bono. Tale esito si collega anche all’accordo sul Pubblico Impiego sottoscritto dalle Confederazioni Sindacali con il precedente Governo il 30 novembre 2016 nel quale il Governo si è impegnato a ripristinare un nuovo equilibrio tra legge e contratto, a favore di quest’ultimo, nelle materie riguardanti il rapporto di lavoro. Si è trattato, in definitiva, del primo banco di prova sulla concreta applicazione di tale accordo, pur in assenza, ad oggi, di una modifica legislativa riguardante il testo unico sul pubblico impiego D.lgs 165/01 come modificato dal D.lgs 150/09 (cosiddetta legge Brunetta). L’esito è particolarmente importante e positivo dal momento che, con questa intesa, sono stati di fatto superati alcuni vincoli legislativi riguardanti la mobilità contenuti non solo nella legge 107/15 (quali l’obbligo alla mobilità solo su ambito territoriale oppure le modalità di assegnazione dei docenti titolari su ambito alle scuole), ma anche nella precedente legge 128/2013 (riguardo al blocco triennale per la mobilità interprovinciale per i neo assunti).
Nella trattativa che ora si avvia sul testo del CCNI saranno affrontati tutti i problemi specifici riguardanti la mobilità di tutto il personale della scuola, docenti, educatori e personale ATA, che l’intesa non ha trattato, occupandosi esclusivamente dei principali nodi politici che impedivano l’avvio del confronto sulla mobilità docenti.
I contenuti dell’Intesa
Per ciascun grado di scuola la mobilità avverrà in una unica fase, comprensiva prima della mobilità nell’ambito della provincia, poi tra province diverse. Si tratta di una grande semplificazione rispetto alle 8 diverse fasi dello scorso anno dovute ai vincoli imposti dalla legge 107/15 che hanno provocato i numerosi errori che ci sono stati. Questa semplificazione consentirà tra l’altro, come accadeva negli anni passati, di poter ottimizzare i posti che si andranno a liberare nella successiva mobilità verso altra provincia, oppure nella mobilità professionale, a beneficio della mobilità provinciale.
Tutti i docenti, senza distinzione alcuna tra neo immessi in ruolo (ivi compresi gli assunti 2016-2017) o già in ruolo ante legge 107/15, potranno partecipare sia alla mobilità provinciale che a quella interprovinciale, in deroga al blocco triennale.
Tutti i docenti, in un unico modulo di domanda, avranno a disposizione “15 righe”, ovvero potranno esprimere fino ad un massimo di 15 preferenze. Sarà possibile esprimere liberamente, a seconda delle scelte e delle convenienze di ciascuno e in ciascun grado di scuola, sia preferenze di singole scuole (ma fino ad un numero massimo di 5), che di ambito o di provincia. Non ci saranno più le preferenze sintetiche quali il comune o il distretto scolastico e coloro che vorranno avere il massimo di opportunità a trasferirsi, magari perché attualmente titolari lontano della propria residenza, potranno indicare anche 15 ambiti o 15 province diverse (oppure un mix degli uni e delle altre). Chi, al contrario, non intende diventare titolare su ambito potrà indicare esclusivamente preferenze su scuola, fino ad un massimo di 5. Questa possibilità è data non solo ai docenti titolari su scuola ma anche a coloro che sono attualmente titolari su ambito, senza alcuna distinzione tra mobilità provinciale o interprovinciale. Di fatto è stato superato in toto quanto disposto nella seconda parte del comma 73 della legge 107/15.
I docenti che vengono individuati perdenti posto (con regole che saranno concordate successivamente nel testo del CCNI da definire nelle prossime settimane) avranno l’opportunità di partecipare alla mobilità volontaria come tutti e con le stesse regole.
Qualora non vengano soddisfatti su nessuna delle preferenze indicate, saranno trasferiti d’ufficio ma solo su scuola (con il criterio della viciniorietà) e non su un ambito, (come invece prevedeva lo stesso comma 73 della legge 107/15) e solo nella provincia di attuale titolarità.
Il 60% dei posti che residueranno dopo la mobilità provinciale (quindi dopo avere riassorbito anche l’eventuale esubero di ciascuna provincia) verranno destinati alle nuove immissioni in ruolo per il 2017-2018; il 30% sarà riservato ai trasferimenti da fuori provincia, il restante 10% alla mobilità professionale. Tale ripartizione, che avrà validità esclusivamente per il prossimo anno e verrà eventualmente rivista negli anni successivi, ha lo scopo di favorire da un lato le assunzioni in ruolo in ciascuna provincia, dall’altro anche la mobilità tra province che il tavolo ha unanimemente ritenuto per il prossimo anno prioritaria rispetto alla mobilità professionale (NB: si ricorda che negli anni passati ai trasferimenti da diversa provincia veniva riservata la “metà del 50% dei posti disponibili”, ovvero il 25% dei posti totali).
Verranno riviste anche le tabelle di valutazione dei punteggi (sia per docenti, educatori e Ata), relativamente alla sola mobilità volontaria, al fine di riconoscere “pari dignità” al servizio prestato nelle scuole statali, indipendentemente se con contratto a tempo indeterminato, determinato o in ruolo diverso.
Nell’intesa è stato infine previsto che le procedure per l’assegnazione dagli ambiti alle scuole (la cosiddetta “chiamata diretta” o “chiamata per competenze” della L. 107/15), saranno uguali su tutto il territorio nazionale per garantire trasparenza ed imparzialità e saranno definite in un accordo distinto, da sottoscrivere contestualmente a quello definitivo sulla mobilità. I requisiti che le scuole potranno indicare verranno stabiliti a livello nazionale in un elenco allegato all’accordo e dovranno essere deliberati dal collegio docenti di ogni singola scuola in coerenza con il PTOF o con la revisione dello stesso, in relazione ai posti assegnati a ciascuna scuola in organico. In assenza di delibera da parte del collegio docenti la scuola non potrà procedere a conferire alcun incarico e alla copertura dei posti rimasti vacanti dovrà provvedere l’USR sulla base del solo punteggio della mobilità.
Questi sono gli aspetti più rilevanti che l’Intesa ha preso in esame. Tutte le altre problematiche connesse al rinnovo del CCNI verranno affrontate nel prosieguo della trattativa che dovrà tra l’altro occuparsi, in coerenza con la revisione della tabella, del riconoscimento del servizio pre-ruolo prestato continuativamente sul posto di sostegno ai fini del computo dell’obbligo di permanenza quinquennale; della specificità della mobilità professionale straordinaria sui licei musicali; della revisione delle precedenze di legge, tenuto conto dell’eliminazione dei comuni come preferenza sintetica e della presenza di ambiti territoriali comprendenti più comuni e di quelli sub-comunali nelle grandi città.
L'apertura del tavolo negoziale è prevista presumibilmente per il 9/10 gennaio 2017.