martedì 30 settembre 2014

I docenti italiani e l'Europa


Per motivare retribuzioni basse degli insegnanti, spesso si dice che gli organici in Italia sarebbero troppo consistenti rispetto al numero di alunni. Questo, determinando un volume di spesa più alto impedirebbe operazioni salariali significative sul singolo insegnante. Inoltre, giustificherebbe, con una minor intensità di lavoro, uno stipendio più basso l’orario di lavoro dei docenti che si presume ridotto rispetto a quello di altri paesi europei. Vediamo allora se è vero che le cose stanno così. Stipendi ed organici europei a confronto


La discussione sugli orari di lezione in Europa ha portato con sé la curiosità anche su altri aspetti, connessi, del rapporto di lavoro degli insegnanti europei. Non è un mistero infatti che da un lato si cerca di giustificare i bassi stipendi degli insegnanti italiani con un orario più basso dei loro colleghi europei (cosa che, come abbiamo visto, mediamente non è vera), dall’altro si cerca di allettarli con la possibilità che un orario più alto possa comportare uno stipendio più alto (ciò però è più nella pratica delle 6 ore aggiuntive finora funzionante su base volontaria, che nella disposizione poi ritirata, la quale anzi, tra le altre cose, cercava probabilmente di risparmiare anche quella spesa). Allo stesso modo si introduce spesso nel discorso un’altra variante: quella degli organici, che in Italia sarebbero troppo consistenti e quindi da un lato, insieme al presunto basso orario, giustificherebbero con una minor intensità di lavoro uno stipendio più basso, dall’altro con un volume di spesa più alto impedirebbero operazioni salariali significative sul singolo insegnante.


Gli stipendi in Europa
Nella tabella seguente (Fonte Eurydice 2010) sono riportati gli stipendi europei annui: i minimi e i massimi e il tempo di percorrenza in anni per raggiungere il massimo. Sono riportati solo quelli dell’Europa occidentale, in quanto quelli dell’Europa orientale, praticamente tutti a una cifra non possono fare testo.

Nazione
Primaria
Secondaria inferiore
Secondaria superiore
Percorrenza
Belgio
27.000-48.000
27.000-48.000
34.000-60.000
25-27 anni
Danimarca
40.000-48.000
40.000-48.000
43.000-52.000
12-7
Germania
38.000-51.000
42.000-58.000
45.000-64.000

Irlanda
32.000-59.000
33.000-59.000
33.000-59.000

Grecia
12.000-20.000
12.000-20.000
12.000-20.000
33
Spagna
29.000-41.000
33.000-49.000
33.000-49.000
40-38
Francia
22.000-45.000
25.000-47.000
25.000-47.000
20-30
Italia
23.000-34.000
25.000-37.000
25.000-39.000
35
Lussemburgo
64.000-113.000
72.000-126.000
72.000-126.000
25
Paesi Bassi
32.000-50.000
34.000-61.000
34.000-69.000
16
Austria
27.000-54.000
27.000-65.000
31.000-65.000
34
Portogallo
21.000-43.000
21.000-43.000
21.000-43.000
38
Finlandia
30.000-39.000
32.000-42.000
33.000-45.000
20
Svezia
22.000-28.000
23.000-32.000
23.000-32.000

Inghilterra-Galles
24.000-40.000
24.000-40.000
24.000-40.000
10
Scozia
28.000-37.000
28.000-37.000
28.000-37.000
6




Queste cifre davano in alcuni paesi nel 2010 le seguenti medie stipendiali (Fonte Eurydice 2010).

Nazione
Primaria
Secondaria inferiore
Secondaria superiore
Lussemburgo
88.000
101.000
101.000
Austria

58.000
58.000
Inghilterra e Galles
35.000
38.000
38.000
Portogallo
30.000
32.000
32.000
Italia
27.000
29.000
30.000
Grecia
23.000
23.000
23.000



Il costo della vita
Su queste cifre andrebbe fatta la tara del differente costo della vita nei diversi paesi. Infatti normalmente per una comparazione esaustiva si usa una unità monetaria a parità di potere d’acquisto (ad esempio il cosiddetto dollaro pps). Tuttavia, pur considerando le differenze è certo che l’introduzione dell’euro ha portato ad un certo abbassamento delle differenze del potere d’acquisto. Dati attuali utilizzabili non ci sono ma è evidente che, per esempio, il fatto che la media degli stipendi portoghesi sia più alta di quelli italiani, ben sapendo che il costo della vita in Portogallo è più basso, rappresenta una stridente contraddizione, che conferma un dato presente da tempo come si può vedere da questa tabella di una decina di anni fa (Fonte Etuce-Csee), che mette in relazione stipendi degli insegnanti e PIL (base = 100).
Rapporto stipendio insegnanti/PIL (PIL=100)

Nazione
Primaria
Secondaria inferiore
Secondaria superiore
Italia
108
119
123
Francia
126
146
206
Germania
165
183
200
Regno Unito
192
200
200
Spagna
199
199
257

Anche in questo caso in Spagna, dove i redditi sono più bassi che in Italia, un docente della secondaria accedeva a una quota di ricchezza nazionale doppia rispetto a quella di un italiano. Oggi, a crisi aperta, probabilmente non è più così, ma per anni lo è stato. Ed in ogni caso la relazione PIL-stipendi dei docenti spagnoli era abbastanza allineata a quella degli altri paesi, anche migliore, quella dei docenti italiani no.
Si può pensare che questi anni siano stati grami per tutti, ma le cose non stanno così: gli stipendi dei paesi dell’Est hanno avuto incrementi del 40 e 50% rispetto al costo della vita tra il 2000 e il 2010 ma, come si è già detto, quell’area geografica non fa testo. Tuttavia hanno avuto un incremento stipendiale medio del 50% anche gli insegnanti lussemburghesi; del 20% quelli irlandesi, spagnoli (primaria), ciprioti, maltesi e scozzesi; del 5% quelli tedeschi, finlandesi, svedesi e inglesi. Italiani, belgi, danesi, gli spagnoli della secondaria, gli olandesi, gli austriaci e i portoghesi sono rimasti allineati sulle loro posizioni, mentre sarebbero calati notevolmente i francesi (-20%) e, piove sempre sul bagnato, i greci (-40%).


Gli organici
L’altro elemento su cui si basano i supposti “privilegi” della scuola italiana sarebbero gli organici, in particolare se calcolati in base al rapporto alunni/docenti. Inutile dire che da noi vengono calcolati gli insegnanti di sostegno, mentre ci sono paesi (ad esempio la Germania o la Finlandia) in cui gli alunni disabili sono inseriti in scuole speciali. Inutile dire che da noi vengono calcolati gli insegnanti di religione mentre ci sono paesi in cui o non esiste la disciplina (ad esempio la Francia, tranne l’Alsazia) o questa è a carico delle comunità religiose. Inutile dire che spesso gli insegnanti delle attività pomeridiane non appartengono al corpo docente (come in Spagna ad esempio) oppure vi sono figure di assistenza al docente non considerati tali, come i 70.000 aiuto-educatori francesi o gli assistenti comunali che Blair ha messo in ogni classe della scuola primaria britannica.
Ma anche senza calcolare tutte queste unità, dopo anni di tagli, i nostri dati non sono più così diversi da quelli medi e comunque le differenze abissali si riducono solo ad alcuni sistemi:
Rapporto alunni/docenti (Fonte OCSE 2010)

Nazione
Primaria
Secondaria inferiore
Secondaria superiore
Austria
12.2
9,3
10,1
Belgio
12,4
8,1
10,1
Danimarca

11,5

Finlandia
14,0
9,8
17,1
Francia
18,7
15,0
9,7
Germania
16,7
14,9
13,2
Irlanda
15,9

14,4
ITALIA
11,3
11,9
12,1
Lussemburgo
10,1

9,1
Paesi Bassi
15,7

16,5
Spagna
13,2
10,1
9,6
Svezia
11,7
11,4
13,1
Regno Unito
19,8
17,1
15,3
MEDIA UE
14,3
11,7
12,5

Come si vede se si esclude la primaria, dove in Italia esistono, anche se  in forma sempre più stentata, moduli e tempi pieni, nella secondaria i numeri italiani sono ormai allineati a quelli della media UE e nel caso della scuola secondaria superiore addirittura superiori a quelli di Spagna e Francia.


La cosa è confermata anche nel numero di alunni per classe.
Alunni per classe (Fonte OCSE 2010)
Nazione
Primaria
Secondaria inferiore
Austria
18,4
21,9
Belgio
20,6

Danimarca
19,9
19,3
Francia
22,6
24,3
Finlandia
19,4
20,2
Germania
21,5
24,7
Grecia
16,8
22,2
ITALIA
18,8
21,3
Lussemburgo
15,3
19,3
Paesi Bassi
22,4

Portogallo
20,1
22,1
Spagna
19,9
23,7
Regno Unito
25,8
21,1
Media UE
20,0
21,9
Pur essendo uno dei paesi col numero di alunni per classe più basso nella secondaria siamo ormai vicini alla media UE e nella primaria ci siamo di molto avvicinati.
Certo quando si guarda alle medie cinesi con 37 alunni per classe in primaria e 54 nella secondaria, a quelle coreane che danno 27 alunni per classe in primaria e 34 nella secondaria e a quelle giapponesi con 27 e 32 alunni, la differenza si nota ancora. Ma è per forza lì che bisogna guardare?
di Pino Patroncini